Lettera di Matilde Serao ai governanti sordi e ciechi.
“Egregio Capo del Governo, Lei sa tutto dell’Italia.
Deve, perché Lei è il Governo, e il Governo deve sapere tutto. A Lei arrivano le statistiche della mortalità e quelle dei delitti; i rapporti dei prefetti, degli ispettori di polizia, dei delegati, dei direttori delle carceri. Il Governo sa tutto: quanta carne si consuma in un giorno e quanto vino si beve in un Paese; quante femmine disgraziate, diciamo così, esistano, e quanti ammoniti vi siano tra i loro amanti di cuore, quanti mendichi non possano entrare nelle opere pie, quanti vagabondi dormano in strada, la notte; quanto s’impegni al Monte di Pietà e quanto renda il lotto; la differenza tra i nuovi nati ed i morti, l’andamento del commercio, del turismo, dell’inflazione, della disoccupazione.
“Tuttavia vorrei farLe una domanda: le persone che si nascondono dietro tante cifre, ognuna con testa, bocca, occhi, orecchie e quant’altro, ognuna con un suo “io” e una sua storia, queste persone Lei le ha mai incontrate? Sa cosa mangiano (e più spesso non mangiano), cosa pensano, quanto desidererebbero dare ai propri figli un’educazione simile a quella che Lei ha dato ai Suoi, quante ore, instancabilmente, si “arrangiano” per lavorare anche quando risultano disoccupati? Glielo chiedo in modo particolare pensando a Napoli, la mia città”.
Firmato Matilde Serao,
indirizzato a Agostino Depretis, Presidente del Consiglio nel l905