.……..Venne la notte, il mare era ormai calmo, ed io mi accorsi che la mia lingua era un po’ gonfia; pensai che ormai la fine era vicina, mi distesi supino sulla zattera e mi addormentai con il corpo immerso per metà nell’acqua. Ricordo di aver sognato mia madre e i miei fratelli che andavano verso la stazione ferroviaria per venire da me, mi svegliai e pensai che la notizia dell’affondamento della nave li aveva convinti che io ero già morto e invece avrebbero fatto ancora in tempo a salvarci. Venne così il quarto giorno e verso le nove del mattino avvistammo un aereo, che girò largo ma poi si avvicinava sempre di più a noi, scese bassissimo e vedemmo il pilota che con un fazzoletto bianco ci, incoraggiava ad aspettare (mentre scrivo piango), si allontanò e poi tornò, piano, piano, scese in acqua vicino a noi, un aviatore si buttò in acqua, legò la nostra zattera con una cima e la trascinò sotto l’aereo; ci presero piano, piano, e ci portarono a bordo, l’aereo mise a tutta forza i suoi motori e si sollevò dal mare. Il pilota ci disse: “quando sarete a terra fate un’offerta alla Madonna di Loreto”. Volammo verso Augusta e appena a terra ci portarono con una barella in ospedale, dove rimanemmo per circa otto giorni. Fummo visitati da tutte le autorità militari, compreso l’ammiraglio Riccardi, dopo che fummo dimessi dall’ospedale ci mandarono in licenza. (Ricordo adesso che quando eravamo sulla zattera cercammo di mangiare del sughero e una cinquanta lire di carta)…….
…..Poi i Savoia lasciarono l’Italia e io decisi di lasciare la marina. Chiesi di essere congedato e tornai al mio Paese.
Rimasi ad oziare per mesi, poi cominciai a commerciare prodotti ortofrutticoli, che nel tempo si è trasformato in uno stupendo supermercato che da lavoro a quattro splenditi collaboratori.
Ho una moglie che è cresciuta alla mia ombra, facendomi da guida a tutte le mie iniziative, nella massima umiltà.
Abbiamo due figli ingegneri (Giuseppe e Carlo), laureati al Politecnico di Milano e quattro nipoti (Stefania, Silvia, Michele, Isabella) che rappresentano l’orgoglio più bello della nostra vita vissuta.
Michele Perugini