RICERCA EFFETTUATA Dal Prof. Renato Rinaldi su : “Del Reale opificio di Pietrarsa in confutazione delle dicerie sopra la vendita di esso stabilimento pel comm. Luigi Corsi” -Napoli 1861
Da pag.5 A 26
Ne’ numeri 191 e 192 del pregevole glornaletto il Pungolo leggesi una lettera che ha per argomento l’Opificio di Pietrarsa.
Alle strane menzogne, ed al molto, dirò coraggio, ho dovuto reputare esserne autore (gualche straniero, nemico d^Italia e delle cose nostre, non potendo un napolitano cosi sfrontatamente calunniare ed avvilire uno Stabilimento, il quale, unico per tutte le italiane contrade, ed ammirato da’ meccanici forestieri di più alto grido, massime inglesi, forma la gloria di sette milioni di uomini, cui non è estinto in petto il vero amore della patria italiana.
Quella lettera non meriterebbe al certo alcuna risposta, non degna di discussione come si mostra, perchè dettata fuori de’termini della ragione. Pure, cedendo alle istanze di coloro che hanno a cuore il più grande onore nazionale e che sono ormai stanchi di ascoltare più calunnie sopra un’opera lodata non abbastanza in Italia e fuori, mi accingo a smentire le asserzioni bugiarde, reputando me alcun poco consapevole delle origini e del regolare progredimento dell’Opificio; e me, e tutti, in obbligo di rischiarare la pubblica opinione in un tempo, ed in una forma di governo, dove le ragioni personali debbono ad ogni costo cedere innanzi a quelle del
Comune e del pubblico bene.
Non farò che trascrivere le proposizioni più avventate e di equivoco intendimento, studiandomi di annullarne l’efficacia che malauguratamente potrebbero avere presso coloro che sono ignari della storia e de’veri interessi di un’ opera che porge alimento ad ottocento famiglie in Napoli, ad un vasto lavoro, ad un traffico diffuso ed importantissimo.
I.
Lo Stabilimento di Pietrarsa ebbe origine, se mal non mi appongo circa il 1840. Il pensiero dominante del Governo di allora fu quella smania esagerata di voler fare tutto da se, e rendersi indipendente da tutti: quindi con molto lusso s’intrapresero le costruzioni e si provvide con grande spesa all’acquisto di attrezzi ed altri utensili necessari per potere quivi conseguire ogni specie di costruzione in ferro.
Non fu il Governo che creò Pietrarsa: fu la civiltà de’ napoletani, e le esigenze e la forza della social rappresentanza loro, che ne determinarono l’attuazione.
Da quelle parole ogni italiano scorgerà facilmente che, a giudizio dell’autore di esse, il Governo commise fallo gravissimo, volendo rendere i napoletani indipendenti da tutti. Sarebbe dunque stato più utile e lodevole, che la nostra industria fosse rimasta soggetta in eterno alle nazioni forestiere, ed a’ più intrammettenti ed avidi speculatori esteri qui residenti: e colpa enorme sarebbe altresi da riputar quella di avere introdotto nell’Opificio le migliori macchiue inglesi, che l’autore della lettera, con una ingenuità senza pari, chiama di lusso.
II
Si volle in pari tempo ricercare ed exploiter tra noi miniere di carboni e di ferro per meglio riuscire nel preconcetto disegno. E la smania giunse a tal punto che si credette poter riuscire financo alla fabbricazione delle ruotaie per Ferrovie.
Ricercare le ricchezze del proprio suolo sembra all’ autore una mostruosità. Adoperarsi in magisteri dificoltosi e di molto pregio, follia. Notate che l’autore dove malignamante asserisce che si credette poter riuscire avrebbe potuto dire, si riuscì, imperocché lo Stabilimento di Pielrarsa ha fornito alla regia Ferrovia, alle Saline di Miliscola, a Gaeta, per non dirne più, il numero di 51390 rotaie, pari a cantaia 81165,10, più, numero 96100 cuscinetti, pari a cantaia 9979,87.
Ed al proposito si sappia, che a raggiungere questo scopo importantissimo, si fecero venir di Francia, e propriamento da S.Chamond Loire, quattro valenti artefici a pingue stipendio, coll’obbligo di permanere nello Slabilimenlo quallro anni, alfin di apprendere a’nostri artefici la maniera di fabbricare le ruotale ed altri ferri trafilati. E notisi che i valentissimi operai di Pietrarsa, molto prima che i quattro anni compissero, riuscirono cosi perfetti in quel magistero, che sorpassarono in valentia i loro medesimi maestri con grande maraviglia loro.
Ecco dunque il gravissimo errore, secondo l’autore della lettera, che i napoletani han lavorato ruotaie, emancipandosi dall’Inghilterra, e da quella peste di sensali che in queste mie parole si riconosceranno; i quali per turpe guadagno, vorrebbero veder distrutto ogni qualsiasi stabilimento nazionale di Napoli, di Firenze, di Torino, d’Italia.
III.
Il successo non à corrisposto alle aspettative, nè di ciò è da maravigliarsene. Lo Stabilimento finanziariamente parlando è stato un peso gravoso per lo Stato; il quale non solo non trasse interesse da capitali spesi ma ha dovuto rifondere somme non lievi.
Menzogna invereconda, e vituperosa calunnia.
Non può essere ignota a nessuno l’operosità di Pietrarsa; ed il fruttuosissimo successo de’suoi lavori è manifesto a tutti, dopo le cospicue notizie che ne han dato gli scrittori napoletani, tra’ quali è debito mio ricordar per onore i chiarissimi Mariano d’Ayala(Vedi Napoli e i luoghi celebri alle sue vicinanze — 1855 vol. 2) e Raffaele d’Ambra ( Vedi Una descriziooe della città di Napoli — 1855 , vol. 3.), autori certamente non sospetti per voluttà di blandizie governative. E per compimento tolgo da’registri dell’ Opificio questo elenco de’lavori di esso.
1.° Due ruote alla Morghen per una nave a vapore della forza di 😯 cavalli, in sostituzione di quelle a palette fisse.
2.° Una macchina a vapore della forza di 12 cavalli, con trasmissione di movimento ed altri ingegni, alfin di togliere l’antico e barbaro maneggio di muli; per la Fonderia di Napoli.
3.° Altra macchina compiuta simile, per la mentovata Fonderia.
4.° Altra macchina simile per l’Arsenale di Napoli, con trasmissione di movimento, seghe meccaniche ec.
5.° Altra macchina simile per la real Marina applicata all’officina de’ torni, con lunga serie di assi, tamburi ed ingegni per trasmissione.
6.° Ventiquattro torni, sette mancine, due spianatoi, due macchine da tagliare chiocciole, una macchina da impanar viti, una macchina da barenare cilindri, una macchina da tagliare lamine, due macchine da piegar lamine, dieci ventilatori, ed altri molti ingegni ad uso degli svariati Stabilimenti napoletani.
7.° Due macchine motrici della forza, una di 20 cavalli, ed un’altra di 12, a trasmissione di movimento, con pompe, e sistema di tuboli, ad uso del Bacino di raddobbo.
8.° Due macchine motrici con caldaje, della forza ciascuna di 16 cavalli, per la Zecca delle monete.
9.° Una macchina compiuta della forza di 8 cavalli, con trasmissione di movimento, tamburi, ruote ec., ed una macchina per capsule esplosive, ad uso dell’ Opificio pirotecnico di Capua.
10.° Tutto il macchinario per uno Scalo di alaggio, composto di 16 argani alla Barbottin: una macchina da provare le catene; utensili per costruire catene; e tutta l’ingegneria con trasmissione per l’Officina de’torni, ad uso dell’Arsenale di Castellammare.
11.° Tutto il macchinario della Fabbrica d’armi in Torre Annunziata, che era di legno fin dall’epoca di re Carlo, e fu fatto in ferro col più recente sistema; consistente in due grandi ruote idrauliche di ferro a cassetta, con lunga serie di assi di trasmissione, ruote dentate, tamburi, sostegni ec. ; ed altresì gli analoghi torni 30 bareni per canne; 10 macchine per rigare archibugi; ventilatoi ; cammini da vento, ed utensili diversi.
Ancora un’altra simile ruota idraulica per l’Officina soccorsale di tal fabbrica in Poggioreale, ec.
Ed infine, altri lavori per la Officina di armi bianche in Sparanise, dipendente eziandio dalla Fabbrica d’armi di Torre Annunziata.
12.° Riparazioni con utili perfezionamenti ad un gran numero di macchine della Marineria napolitana, per i piroscafi il s.Wenefredo, il Flavio Gioja, la Maria Teresa, la Sirena, il Aliseno, il Palinuro, e per i cavafondi a vapore l’Erebo, il Tantalo, il Vulcano, e per le Reali Finanze.
13.° Veutuna caldaja sia con cammini, sia tubolari, per diverse navi a vapore.
14.° Una macchina di 300 cavalli con ruote a palette, e caldaje di rame, cominciandosi la costruzioue da’modelli, e curandosi anche la montatura a bordo del piroscafo Ettore Fieramosca.
15.° Un altra simile macchina al piroscafo il Torquato Tasso.
16.° Due macchine a vapore della forza collettiva di 450 cavalli, con caldaje tubolari di ferro, e tuboli di ottone, con assi corrispondenti di trasmissione, elica, e sistema per alzarla e ribassarla, ec.
Queste macchine sono in via di compimento.
17.° Venti locomotive nuove compiute, tutte a ruote accoppiate, con corrispondenti tenders; delle quali, quattro di maggior forza, atte a salire i più forti pendii. Di queste ultime, tre restano ancora presso a compiersi.
18.° Riparazioni e perfezionamenti a molte altre locomotive.
19.° Ruotaje di ferro al num. di 51390, per la Ferrovia da Capua a Sarno, ed in gran parte sino a Ceprano con i corrispondenti cuscinetti.
20.° Pompe da attingere acqua per tutt’i quartieri di Cavalleria, e pompe da estinguere incendi per tutte le piazze d’armi, per il Cantiere di Castellammare, per il Battaglione Zappatori, e per Sicilia.
21.° Elmi per la Cavalleria, ed armi bianche, secondo le richieste.
22.° Razzi alla Congrève e palle incendiarie di particolare privativa.
23.° Macchine ed utensili per rigar cannoni.
24.° Rigatura di cannoni, ed altri lavori a tale opera.
25.° Projettili di svariati magisteri, per cannoni rigati:
26.° Altri proiettili per armare le Piazze e la Marina.
27.° Affusti di piazza in ferro fuso.
28.° Lavori di lusso per la Reggia di Caserta, di Napoli, e di altri reali Siti. Statue di bronzo, e di ferro di qualunque dimensione. Per queste ultime si è pervenuto ad eseguirne una colossale, che, interamente vuota, ascende nondimeno al peso di 140 cantaja; primo ed unico lavoro di tal genere che si sia giammai veduto , e senza che abbia la minima parte attaccata, soprapposta, o in qual vuoi modo riportata.
29.° Tutte le macchine da giuochi ginnastici nel reai Sito della Fatvorita.
30.° Ponte sospeso sul fiume Calore.
31.° Tutti i cancelli, ed altri ornamenti che si osservano nell’interno della Reggia di Napoli.
32.° Letti da campagna con le corrispondenti valige per gli Ufliziali de’Tiragliatori, ed altri letti semplici per Ospedali.
33.° Provvisione e montatura dello Stabilimento, senza il menomo soccorso di estranee officine; componimento delle macchine venute d’Inghilterra per commodo di esso, moltiplicandole a misura del bisogno;costruzione del vastissimo utensile per tutti i diversi lavori; grue portatili e fisse; fornelli, fucine, ingegni da trasmissioni, ec.; impianto e montatura della Ferriera, e Sala di modelli, ec.; manutenzione, restaurazioni giornaliere, e governo di tutte le officine.
34.° Corredo e montatura di tutti gli Stabilimenti militari, meccanici e metallurgici delle province.
E ciò basti, intralasciando di notare altri innumerevoli lavori, i quali hanno interpellatamente esercitato le officine di Pietrarsa.
Inoltre a maggior chiarimento e confusione, se è possibile, dell’ autore della lettera, bisogna sapere, che i frutti ottenuti dallo Stabilimento furon tanto più superiori alle aspettative, quanto che si manifestarono sin dall’ origine di esso.
Notate che quando l’Opificio di Pietrarsa non ancora esisteva, ci era (1838) nella Reggia di Napoli una molto modesta Officina; la quale, sebbene fosse sprovveduta de’più necessari utensili, come torni di ferro, spianatoi, bareni, pcrciatoi ec., non però di meno per isforzi e vigore dell’intelligenza ed operosità de’ napoletani , fornì i lavori, di che devo qui porre a lode una notizia.
1.Una macchina motrice per la Fonderia dei cannoni (2.^ Direzione di Artiglieria), che ancora è adoperata, e con la massima precisione, a barenare e tornire i cannoni.
2.Le ruote alla Morghen con palette mobili sostituite alle altre con palette fìsse sul piroscafo il Veloce; oltre tutte le riparazioni necessarie ai piroscafi postali.
3.Cominciò di poi (1840) sopra la spiaggia di Pietrarsa in un modestissimo Magazzino, ed allo scoperto, gli importanti e diffìcoltosi attrezzi pirotecnici, la costruzione degli argani alla Barbottin, e delle macchine da costruire e provare catene; il macchinario compiuto per costruire in Castellammare lo Scalo di alaggio: opere coronate dai più splendidi risultamenti, essendosi per esse tirata a terra, come prima pruova, la fregata Amalia ed il vascello Capri; intanto che precedentemente, volendosi porre a secco una scorridoia, saltarono in pezzi gli argani lavorati nell’officina di Zino, Henry e C. Il qual fatto obbligò il Direttore del Genio marittimo a dichiarare formalmente l’impossibilità di fare l’alaggio di grosso legno, dovendosi ricorrere all’Inghilterra per argani, catene, e tutto ciò che all’uopo era necessario.
Solo con le opere nudamente accennate, che in fin fine sono natural frutto dell’intelletto, della Volontà, e della desterità de’napolitani, potevasi spingere il Governo a promuovere l’incremento deill’Opificio di Pietrarsa.
IV.
La esistenza dello Slabilimendo sarebbe stata di breve durata, se non avesse potuto prolungarsi a spese delle Amministrazioni della Marina e della Ferrovia dello Stato che hanno fornito occasione di potersi costruire a Pietrarsa macchine a vapore per i legni da guerra,locomotive ed altre cose per la Ferrovia;per lo cui uso si intraprese pure la fabbricazione delle ruotaie.
Debbono queste scempie sentenze muovere l’ilarità de’lettori. E assai leggiadro notare che uno Stabilimento che costruisce locomotive, e macchine a vapore per legni da guerra, non debba smaltirle alle Amministrazioni delle strade ferrate ed alla Marina! Ed a conto di chi dunque si vuol che si fossero fatte? Per il Belgio, l’ Olanda, l’Inghilterra ?
V.
Però a tutti è noto come tale fabbricazione non potè presiedere innanzi a causa che le ruotaie non presentavano i dovuti requisiti , e costavano un prezzo esagerato.
Per la prima proposizione notate, che la linea ferrata da Cancello a Sarno è costruita interamente con ruotaje tirate in Pielrarsa; e fin ora nessun inconveniente è accaduto per la loro imperfezione. In oltre la nuova strada ferrata da Capua a Ceprano è stata provveduta da Pietrarra di un gran numero di ruotaje; oltre i depositi già fatti nelle diverse Stazioni. Finalmente le ruotaje che escono da Pietrarsa , essendo fabbricate con la ghisa di Mongiana, metallo molto superiore a quello usato in Inghilterra per lo stesso uso, debbono necessariamente risultare superiori a quelle che provengono da colà; e questo si lascia al giudizio degl’intendenti del mestiere, e non a quello dell’autore della lettera, il quale si scorge dal modo onde scrive, essere del tutto estraneo alla materia che ha voluto trattare.
Per la seconda proposizione del caro del prezzo.
Ciò non è sconosciuto a coloro cui è preposta la Direzione dello Stabilimento. Ma dcesi sapere, che se egli avviene, non è per colpa dell’Opificio, dovendosi attribuire all’alto prezzo delle materie prime. In Inghilterra tale maniera di opere facendosi in prossimità delle miniere di carbon fossile e de’ minerali di ferro , ne deriva che il valore delle materie prime, essendo tenuissimo, fa basso e discreto il prezzo delle ruotaje, e risulta perciò inferiore a quello che costa a Pietrarsa dove si consumano cantaja 500 di carbone al giorno, che si compera a caro prezzo,secondo i contratti che ne fa l’Amministrazione della regia Ferrovia, ed aggiungendovisi in oltre l’imporlo di forti noleggi per trasportare i minerali dalla Mongiana in Napoli.
Queste ragioni non dovevano essere ignote a persone del mestiere, e prima di impiantarsi l’officina della costruzione delle ruotaje, gli uffiziali di artiglieria addetti all’Opificio, non mancarono di rassegnarle al Governo, e se la decisione fu in opposizione di quanto si esponeva, ciò provenne da che si volle fare apprendere a’ nostri artefici una lavorazione fin allora sconosciuta in Napoli, dimostrare allo straniero che gli operai italiani non erano a chicchessia inferiori; e provvedere in pari tempo a dar discrete condizioni di vita a non meno di 300 famiglie.
VI.
L’ Amministrazione della ferrovia accettava poco di buon grado ciò che gli veniva fornito da Pietrarsa avendo essa stessa un particolare Stabilimento per riparazioni e per costruzioni di locomotive, wagons ed altre cose attinenti alla intrapresa ed in cui trovava grandi vantaggi di economia e dì assai migliore lavorazione, ed in taluni casi, quando le si permetteva maggior libertà di azione, preferiva rivolgersi all’industria privata; tanto è vero che essa commise quantità considerevole di cuscinetti di ghisa allo Stabilimento di Henry, cui sono state pure richieste negli ultimi tempi due locomotive, e le travate in ferro necessarie per diversi ponti.
Queste asserzioni derivano da perfetta ignoranza delle cose di che tratta l’autore della lettera; il che cimenterebbe la pazienza de’napoletani pratici de’fatti loro, se non fossero usati a compatire anche le ingiurie e le calunnie. Colui che a tal modo mentisce, o non ha mai veduto l’Opificio di Pietrarsa, e lo Stabilimento della Ferrovia, o se vi è stato per entro, li ha percorsi come un insensato.
Nessuno in Napoli ha mai avuto notizia dell’esistenza di uno Stabilimento di costruzione nella regia Strada ferrata: in vece si è saputo soltanto che era vero di vedervisi aperte alcune Officine di riparazioni.
Nelle costruzioni di locomotive ci abbisognano diversi pozzi che le compongono, i quali sono di ferro fuso; e Napoli non ha mai veduto alcuna Fonderia nella regia Strada ferrata.
Quando alcuna volta in quelle officine si è voluto uscire de’limiti, costruendo qualche locomotiva, i congegni più importanti, cioè i cilindri, si sono forniti da Pietrarsa, dove non solo si hanno avuto a fondere, ma altresì a tornire, a barenare, e porre insieme: e cosi parimenti dei mozzi delle ruote, e di altri lavori necessari. Di maniera che in diversi tempi Pietrarsa ha dovuto provvedere alla Strada ferrata tra pezzi di ferro fuso, di ferro battuto, di legname, e compimenti di altri pezzi iniziati nelle officine mentovate, un totale di cantaja 3405,26 di lavoro , pari a duc. 27534,77,18; oltre a 549 altri pezzi lavorati e spediti senza peso. Laonde vedete, che senza l’ajuto di Pietrarsa, le decantate locomotive non sarebbero state mai fabbricate.
Della costruzione de’waggons l’Opificio nostro non se n’è mai brigato, essendo opera che sempre si è fatta nell’Arsenale di Napoli.
La costruzione de’cuscinetti commessi ad Henry e comp. è lode a cui non ambisce Pietrarsa, considerando che tal lavoro nelle sue officine è condotto da ragazzi che ne fanno a meno di cinque centesimi l’uno.
Le due locomotive allogate ad Henry e Comp. non vuolsi dubitare esser secondo l’arte costruite; ma si può affermar senza riguardi, che non saranno superiori a quelle uscite da Pietrarsa, rimettendo tal giudizio agli uomini pratichi del mestiere.
La preferenza di rivolgersi all’ industria privata estera, anzi che agli stabilimenti nazionali, non dee pur tener luogo di discussione, tanto che è assurda. Basta qui dire a coloro che intendono, e che non sono ignari di alcune piaghe che per ora debbo coprire, che egli non è dato modo ed agevolezza di estorquere da’ regii stabilimenti quel tanto per cento, che deve dissetare tanti uccelli rapaci.
Asserire da ultimo che la precisione de’ lavori che escono da Pielrarsa, è inferiore a quella delle officine della regia Ferrovia è calunnia iniqua che non può non ferire al vivo l’amor proprio di 800 espertissimi operai.
L’autore della lettera avrebbe dovuto comportarsi con più di circospezione in pronunciar sentenze sopra cose di cui non è certo istruito abbastanza da poterne giudicare. Ed in tanta malignità o ignoranza sopra le cose del paese si dee sapere che i principali artefici della regia Ferrovia son tutti usciti dall’Opificio di Pictrarsa, non escluso il capo macchinista sig. Coppola, che tanto lodevolmente mena innanzi i lavori a lui confidati, con somma soddisfazione dello Stabilimento dove ha cominciato la sua carriera.
VII.
La stessa Marina avea pure due opifici propri l’uno alla Darsena in Napoli l’altro a Castellammare; quindi non trovava opportuno ricevere da Pietrarsa ciò che poteva fabbricare direttamente.
Parrebbe che si volesse parlare della Marina francese o di quella inglese, imperocché tutti sanno che nè la Darsena, nè Caslellanimare hanno opifici da poter sopperire a tutti i propri bisogni. E chi questi fatti ignora, di leggieri potrà visitare i mal vantati opifici; e vedrà con gli occhi, e toccherà con le mani che essi sono modestissime officine, e non pretenziose per nulla ad esser messe su.
VIII.
Oltre a ciò avevasi in Napoli dentro Castel Nuovo la Fonderia de’cannoni ed ogni cosa attinente alla bisogna; in Torre Annunziata una fabbrica speciale di fucili; a Sparanise quella delle armi bianche, che han goduto di meritata fama. Ed avevansi pure in Torre Annunziata ed a Scafati importanti opifici per la fabbricazione delle polveri e specialmente in questo ultimo luogo ove ha preso considerevolissimo sviluppo. Non è giusto dunque il credere che lo Stabilimento di Pietrarsa sia essenzialmente militare, e che sia indispensabile allo Stato pe’suoi bisogni: invece deve ritenersi che la sua creazione è stata l’effetto di una mal calcolata bizzarria governativa ch’è costata assai cara alla Finanza pubblica, al pari degl’infruttuosi tentativi fatti finora tra noi per aver carboni e ferro onde renderci indipendenti dalla importazione straniera.
Pietrarsa non ha che fare con la Fonderia dei cannoni, con la Fabbrica d’arme, con la Polveriera, con altri Stabilimenti militari? Notate che Pietrarsa non solo ha contribuito al riordinamento ed al progresso di tutti gli Stabilimenti militari, recandoli agli attuali sistemi, a’ magisteri ed alle pratiche odierne, giusta i particolari de’lavori eseguiti; ma al bisogno ha fornito ad essi i mezzi e gli ajuti che altrove qui non potevano sperare:tali la copiosissima fornitura di projettili, la rigatura di cannoni, i lavori pirotecnici l’abbondanza delle armi bianche ec.
Onde giudicate quanto assurdo sia affermare la non indispensabilità di detto Stabilimento,e bestiale il preferire meglio che tutto ciò che bisogna alle amministrazioni della Marina, e della Ferrovia ec., sia provveduto dalle Società forestiere qui residenti; di cui non si sa per quale spirito filantropico si fa mecenate l’autore della lettera. Valeva la pena e la spesa di fondare uno stabilimento nazionale, come Pietrarsa, non per effetto di una mal calcolata bizzarria governativa; ma per renderci indipendenti dalla importazione straniera.
…OMISSIS…pag.26