Illustrissimo Signor Presidente Mattarella, la Sua storia, la sobrietà, pacatezza, intensità dei Suoi discorsi mi ha convinto, sin dal Suo insediamento al Quirinale, che avevamo un sincero rappresentante dell’unità nazionale. La Storia Patria insegnataci durante la monarchia, il fascismo e il primo dopo guerra era sempre la stessa. Le vie cittadine erano intestate ai numerosi Savoia, a Garibaldi, Pisacane, Mameli, Mazzini, Enrico Toti, Cesare Battisti, Fratelli Bandiera, Cialdini, Cavour, Giolitti… Dalle elementari alle medie. Andando semplicemente a scuola (da Vicenza a Torino e da Milano a Palermo) ripassavamo la storia guardando i nomi delle vie e delle piazze. Lo stradario cittadino ci aiutava nello studio. Penso che anche a Lei torni memoria di maestri e professori che magnificavano, per ordini superiori, l’epopea storica di un’unità italiana fatta da ingenui sognatori… e un popolo affatto festoso che, invece, pagava col sangue un sottaciuto intrigo internazionale. Fu una unità territoriale capeggiata da un “bandito di primo grado” già condannato a morte dal re piemontese che, per non apparire in prima persona quale mandante dell’usurpazione delle terre di suo cugino Francesco, lo mandò in avanscoperta, pagato con soldi inglesi. L’unico, piccolo neo nel suo discorso fu l’accenno alle famose parole, d’incerta origine, che parafrasavano il detto: “abbiamo fatto l’Italia… ora dobbiamo fare gli italiani”. La Sua versione corretta fu: “abbiamo fatto gli europei, ora dobbiamo fare l’Europa”. La Libertà ottenuta nel 1945 ha consegnato agli italiani una democrazia incompleta, travisata, e non dico altro. Per contro ci ha fornito mezzi di conoscenza e di verità storiche che, durante l’occupazione sabaudo-fascista, e nei primi anni cinquanta, non ci erano concessi. Se l’unità europea e degli europei avverrà con lo sbarco di orde fameliche e, in seguito, con l’occupazione di 120.000 soldati “stranieri” siamo sulla buona strada… Dio ce ne scampi e liberi Signor Presidente!
Antonio Baudino