I TUMORI DELLA TIROIDE-Parte IV
A fronte di una elevata prevalenza di noduli tiroidei, la percentuale di forme maligne è bassa (circa il 5-10%).
Tali dati si traducono in termini assoluti nella presenza di almeno 200.000 pazienti affetti da carcinoma tiroideo nella sola Europa. Studi epidemiologici suggeriscono che tali numeri sono in progressiva crescita: negli ultimi decenni si è assistito ad un aumento dell’incidenza annua delle forme tumorali tiroidee di circa l’8,1% nelle donne e di circa il 6,2% negli uomini. Tale andamento sembra essere dovuto soprattutto alla maggiore sensibilità dei mezzi diagnostici, più che ad un reale impatto dei fattori ambientali anche se alcuni autori mettono in risalto il possibile “effetto Chernobyl”.
Incidenza
L’incidenza del carcinoma tiroideo è progressivamente aumentata nell’ultimo ventennio, come rilevato dalla maggior parte dei Registri Tumori.
L’incidenza del carcinoma tiroideo è variabile tra aree geografiche diverse ed in diversi gruppi etnici. E’ particolarmente elevata in Islanda, Hawaii, Filippine, Giappone ed Israele rispetto all’Europa del Nord, Canada e Stati Uniti (2,3) (Tab. 1). Ciò ha permesso di evidenziare il possibile ruolo esercitato da fattori ambientali (quali per esempio i terreni di origine vulcanica) e genetici e della loro azione associata. L’incidenza in assoluto più elevata è stata riscontrata nelle isole Hawaii ed in tale area il carcinoma tiroideo è più frequente nei maschi di origine cinese e nelle donne di origine filippina; in tali gruppi etnici, emigrati nelle isole Hawaii, la frequenza è comunque più elevata che nei paesi d’origine. Negli USA il carcinoma tiroideo è più frequente nei soggetti di razza caucasica rispetto ai soggetti di razza nera, portoricani ed ispanici e, così come riscontrato nelle Hawaii, nelle donne cinesi o giapponesi l’incidenza è doppia rispetto ai Paesi d’origine. L’ipotesi più accreditata è che tali differenze siano da imputare a fattori ambientali ed in particolare, ad abitudini alimentari e a fattori genetici.
La prognosi dei tumori della tiroide resta, però, globalmente favorevole ed è strettamente correlata a tre variabili:
1. età: vi è un progressivo aumento della mortalità con l’età;
2. tipo istologico: la prognosi risulta migliore nel caso di Carcinomi Differenziati della Tiroide (Carcinomi Papilliferi e Follicolari); peggiora in caso di forme poco differenziate o francamente indifferenziate, e di tumori che originano dalle cellule parafollicolari della tiroide (Carcinomi Midollari);
3. estensione della malattia al momento della diagnosi: le dimensioni del tumore primitivo, la presenza di malattia localmente avanzata o di metastasi a distanza si associano ad un incremento della mortalità; le localizzazioni a distanza rappresentano la principale causa di morte correlata al carcinoma della tiroide.
Dal momento che l’estensione di malattia al momento della diagnosi ha un impatto sfavorevole sulla sopravvivenza, è di fondamentale importanza arrivare ad una diagnosi precoce del tumore tiroideo.
L’esame citologico su ago aspirato riveste un ruolo centrale nella diagnosi differenziale tra noduli benigni e noduli maligni.
Tuttavia, circa il 10% delle lesioni nodulari sono classificate all’esame citologico come “indeterminate”: in questi casi, infatti, non è possibile distinguere le forme benigne ( i cosiddetti adenomi follicolari o a cellule di Hurthle ), dalle forme maligne ( i carcinomi follicolari o a cellule di Hurthle ).
Tra i tumori della tiroide i Carcinomi Midollari della Tiroide rappresentano una delle varianti più aggressive. La prognosi di tali neoplasie è favorevole qualora vengano diagnosticate e trattate in una fase precoce di malattia, quando il tumore è ancora limitato alla ghiandola tiroidea (sopravvivenza a 10 anni pari a circa il 90%). Sfortunatamente molti pazienti presentano malattia localmente avanzata (localizzazione a livello dei linfonodi del collo) e metastasi a distanza (polmoni, fegato ed ossa) già alla diagnosi. In questi casi la prognosi è estremamente severa: la sopravvivenza a 10 anni dalla scoperta delle metastasi è di circa il 20%. La terapia tradizionale (chemioterapia e radioterapia) non migliora significativamente la sopravvivenza di tali pazienti.
Tenendo conto del tipo istologico i tumori della tiroide presentano le seguenti percentuali di incidenza:
• Papillifero 75%
• Follicolare 15%
• Midollare 5-10%
• Anaplastico <5%
• Altri 1%
Dal punto di vista epidemiologico è possibile evidenziare quanto segue:
• 3-5% di tutti i tumori umani
• 0,3% dei noduli tiroidei è tumore clinicamente manifesto
• Casi di morte per ca. tiroideo 0,5/100.000/anno
• Sesso: F/M = 2/1
• Età: tutte le età possono essere colpite, ma la frequenza varia con l’istotipo:
o Papillare: (infantile) 15-30 aa; >50 aa
o Follicolare: >40 aa
o Midollare: età media (se parte di MEN, anche bambini)
o Anaplastico/Linfomi: >50-60 a
Classificazione
Tumori benigni:
• Adenoma: follicolare, colloideo, embrionale, fetale, papillifero, c. di Hurthle e teratoma.
Tumori maligni:
• Differenziati (adenocarcinoma papillifero, papillifero “puro”, variante follicolare, adenocarcinoma follicolare, c. di Hurthle, cellule Chiare, insulare).
? Carcinoma midollare.
• Indifferenziati ( linfoma, sarcoma, carcinoma a cellule squamose, metastasi ).
Il quadro clinico dei tumori della tiroide è alquanto vario e non caratteristico:
• Nodulo asintomatico isolato, duro e non dolente ( alla scintigrafia “freddo” ).
• Linfonodi satellite ( >papillare ).
• Segni di compressione/infiltrazione delle strutture cervicali:
o Paralisi corde vocali (n. ricorrente);
o Disfagia, disturbi respiratori (casi avanzati);
o Metastasi (possono essere primo segno clinico!).
• Papillari: metastasi ai Linfonodi > Polmone > Ossa.
• Follicolari: metastasi ai Polmone > Ossa > Linfonodi.
• Midollari: metastasi ai Linfonodi > Fegato > Polmone > Ossa.
L’istotipo più frequente del carcinoma della tiroide è il papillare (oltre l’80%), seguito dal carcinoma follicolare (circa il 10%), dal carcinoma midollare (4%) e dal carcinoma anaplastico (2%) . L’età media al momento della diagnosi è di circa 40-45 anni per i carcinomi papillari, = 50 anni per i carcinomi follicolari e > 70 anni per gli anaplastici.
Variazioni dell’incidenza e della mortalità nel tempo
Numerosi Registri Tumori indicano l’aumento di incidenza del carcinoma tiroideo. Tale incremento riguarda in particolare i carcinomi tiroidei a basso. In generale, questo aumento di incidenza sembra più apparente e dovuto ad una più accurata e precoce diagnosi. I fattori che incidono su questo parametro sono il miglioramento dell’educazione sanitaria nella popolazione, l’introduzione e diffusione dell’ecografia nella diagnostica delle patologie tiroidee, il miglioramento delle tecniche di diagnosi anatomo-patologica ( diagnosi citologica su ago aspirato delle lesioni nodulari ).
Fattori di rischio
Come per la maggior parte delle neoplasie solide, anche per i tumori della tiroide l’eziologia sembra essere multifattoriale, risultato di una complessa interazione di fattori genetici ed ambientali nei soggetti a rischio.
Gli studi epidemiologici effettuati hanno evidenziato come principali fattori di rischio:
• precedente esposizione a radiazioni ionizzanti (incidenti nucleari, irradiazione esterna della regione del collo, soprattutto in età infantile);
• familiarità per carcinoma tiroideo;
• preesistente patologia tiroidea benigna;
• fattori ormonali e gravidanze;
• apporto alimentare di iodio;
• altri fattori alimentari ed ambientali.
Diagnosi
Il carcinoma tiroideo si manifesta generalmente come patologia nodulare tiroidea e quindi la diagnostica del nodulo tiroideo è di fondamentale importanza per selezionare la patologia tiroidea benigna da quella maligna.
Tuttavia, va segnalato che la maggior parte dei noduli tiroidei sono benigni; infatti, è noto che la percentuale di carcinoma nei noduli palpabili è del 5 – 10 % se si considerano le varie casistiche chirurgiche.
In un paese come l’Italia, dove persiste una lieve o moderata carenza iodica, il trattamento chirurgico di tutti i noduli tiroidei, senza alcuna selezione, porterebbe ad operare centinaia di migliaia o più di pazienti. Si può ben immaginare quali sarebbero le conseguenze socio-sanitarie di un simile comportamento: complicanze chirurgiche in un numero significativo di pazienti e d un costo finanziario non sostenibile. Pertanto, tenendo conto che la mortalità legata al cancro della tiroide è molto bassa e che solo una piccola frazione dei noduli tiroidei sono maligni, è assolutamente necessario limitare gli interventi chirurgici attraverso una rigorosa selezione pre-chirurgica.
Un’importanza fondamentale nella patologia nodulare tiroidea riveste quindi, la distinzione tra noduli maligni e benigni. Attualmente, l’esame citologico mediante agoaspirazione con ago sottile, è in grado di risolvere in gran parte questo problema. Ove eseguito correttamente e interpretato da un citologo esperto, questo esame permette la diagnosi di natura dei noduli tiroidei con un elevato grado di sensibilità e specificità, tanto che l’introduzione dell’esame citologico nella pratica clinica ha permesso di ridurre drasticamente il numero degli interventi chirurgici. L’esame citologico permette inoltre di programmare il tipo di intervento più adeguato nei casi che richiedono l’intervento chirurgico.
La scintigrafia tiroidea utilizza comunemente il Tecnezio-99m come tracciante; una scansione planare proiezione anteriore è in genere sufficiente. Lo iodio radioattivo è attualmente utilizzato solo in casi particolari. La scintigrafia è in genere inutile nel caso di noduli < 1 cm (che non sarebbero visualizzati) o nei noduli ecograficamente cistici. La scintigrafia valuta l’attività funzionale della ghiandola e dei noduli, permettendo di differenziare i noduli freddi (poco o affatto captanti) dai noduli caldi (ipercaptanti), per lo più benigni.
La scintigrafia con Tecnezio-99m o con lo iodio radioattivo non fornisce alcuna informazione sulla natura maligna o benigna del nodulo, in caso di nodulo ipocaptante.
L’ecografia del collo è in grado di distinguere tra cisti (di solito benigne) e noduli solidi. Per la diagnosi definitiva si procede con una biopsia ( come già detto in precedenza ), effettuata tramite un prelievo con un ago attraverso la pelle del collo (ago aspirato).
Terapia
In genere il tumore viene asportato chirurgicamente, spesso insieme all’intera ghiandola (tiroidectomia). Successivamente il paziente dovrà assumere una cura sostitutiva a base degli ormoni tiroidei che la ghiandola non può più produrre. Dopo l’intervento, a intervalli regolari, si effettuano scintigrafie di controllo per escludere la presenza di metastasi o recidive. Eventuali residui di tessuto tiroideo vengono eliminati con terapia radiometabolica, che consiste nell’assunzione di iodio 131 (radioattivo) in quantità tali da risultare tossico per le cellule tiroidee che lo inglobano.
Rubrica a cura del Dott. Carlo Rinaldi