Donne penose…
È tutta questione di… conoscenza.
Quando capita di leggere considerazioni di questo tipo, ( è inevitabile riflettere e quindi ringrazio di cuore la collega che ha favorito in me le seguenti e ulteriori considerazioni.(…Di qui, l’imperativo categorico : Fuori le donne dal Palazzo! Almeno fino a quando non decideranno di far fuori dalla sensibilità pubblica quel languido, ancestrale “femminino” “, così poco consono alla Parola laica e “neutra” della Politica.)
I miei studenti sanno quanto io stimi le femmine umane, non necessariamente donne. Allo stesso modo stimo i maschi umani, altrettanto non necessariamente uomini. Sostengo anche, assieme ad altri ricercatori, che l’essere femmina sia garanzia di un funzionamento mentale diverso rispetto a quello tipico dell’essere maschi. E questo avviene biologicamente, naturalmente.
Dunque, dal mio punto di vista, la questione dovrebbe essere spostata sul piano della cultura, ossia di quel sistema di credenze, abitudini, aspettative, relazioni, atteggiamenti e motivazioni che si organizzano all’interno di gruppi sociali al fine di affrontare le sfide che la realtà pone. Ecco che diventa molto probabile che il naturale che è in noi, demonizzato da un certo modo di fare Chiesa, religiosamente parlando, oppure di fare Scienza sociale, non trovi spazi espressivi che ci facciano davvero migliorare. Insomma, il mio punto di vista è biocentrico, e penso che se fossimo “più animali” potremmo avere un uso migliore persino della coscienza, mentre crediamo che questa abbia a che fare solo con contenuti che derivano dalla cultura. Il meglio della nostra umanità penso che risieda in quelle differenze che permettono a tutti noi lo sviluppo dei legami affettivi che nascono in quanto animali, all’interno di una solidarietà che supera la teoria darwinista della selezione per competizione e sopravvivenza-riproduzione del più adatto.
Il femminile ha sempre saputo dare importanza ai disadattamenti, e quando decide invece di emulare il peggio degli uomini, ecco che abbiamo la situazione che la collega descrive con irriverenza, ma con assoluta chiarezza ed evidenza.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura. Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà; vice-segretario generale della CCLPW , per la Campagna Internazione per la Nuova Carta Mondiale dell’educazione (UNEDUCH), ONG presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Parlamento Europeo, e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).
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