La Germania ha sottovalutato la minaccia dei jihadisti che si fingono migranti
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– 8 febbraio 2017
Pezzo in lingua originale inglese: Germany Downplayed Threat of Jihadists Posing as Migrants
Traduzioni di Angelita La Spada
Secondo la Polizia criminale federale, più di 400 migranti che sono entrati in Germania come richiedenti asilo nel 2015 e 2016 risultano indagati per legami con il terrorismo islamico.
L’esperienza tedesca con i jihadisti che si spacciano per migranti serve ad evitare che altri paesi commettano lo stesso errore. Le autorità tedesche hanno consentito a centinaia di migliaia di migranti, molti privi di documentazione idonea, di entrare nel paese senza un controllo di sicurezza. Le autorità tedesche hanno ammesso di aver perso le tracce di circa 130.000 migranti che sono entrati in Germania nel 2015.
Le autorità tedesche erano a conoscenza del fatto che all’inizio del 2015 Walid Salihi, un siriano di 18 anni che aveva fatto richiesta di asilo in Germania nel 2014, era stato reclutato dallo Stato islamico in un centro di accoglienza per i rifugiati a Recklinghausen, ma non hanno fatto nulla.
Anis Amri, il jihadista tunisino autore dell’attentato al mercatino di Natale a Berlino, ha utilizzato almeno 14 differenti identità, ottenendo prestazioni sociali sotto nomi diversi in diversi comuni.
“Probabilmente, abbiamo dimenticato di prendere in considerazione ciò che gli avversari politici come lo Stato islamico sono capaci di fare e il loro modo di pensare.” – Rudolf van Hüllen, politologo.
Secondo un reportage della televisione pubblica tedesca, i leader politici tedeschi e i funzionari della sicurezza nazionale sapevano che i jihadisti dello Stato islamico stavano entrando in Europa sotto le mentite spoglie di migranti ma hanno ripetutamente sottovalutato la minaccia, a quanto pare per evitare di alimentare sentimenti contrari all’immigrazione.
Già nel marzo 2015 – sei mesi che la cancelliera Angela Merkel aprisse i confini tedeschi a più di un milione di migranti provenienti dal mondo musulmano – i funzionari tedeschi erano a conoscenza del fatto che i jihadisti fingevano di essere profughi, é quanto si apprende da Report München, un programma televisivo di giornalismo d’inchiesta trasmesso il 17 gennaio dalla tv pubblica ARD.
Secondo la Polizia criminale federale (Bundeskriminalamt, BKA), più di 400 migranti che sono entrati in Germania come richiedenti asilo nel 2015 e 2016 risultano indagati per legami con il terrorismo islamico.
Le rivelazioni arrivano tra le critiche mosse ai piani del presidente americano Donald J. Trump di sospendere l’immigrazione [e gli ingressi] da sette paesi islamici fino a quando non sarà operativo un adeguato sistema di controllo. L’esperienza tedesca con i jihadisti che si fingono migranti serve ad evitare che altri paesi commettano lo stesso errore.
Sulla base di documenti trapelati e interviste con informatori, Report München ha rivelato che le autorità tedesche erano a conoscenza del fatto che all’inizio del 2015 Walid Salihi, un siriano di 18 anni che aveva fatto richiesta di asilo in Germania nel 2014, era stato reclutato dallo Stato islamico in un centro di accoglienza per i rifugiati a Recklinghausen, ma non hanno fatto nulla. Circa sei mesi dopo, una perquisizione effettuata nella struttura che ospitava Salihi portò alla scoperta di un fucile da caccia. Il giovane però non fu espulso.
In seguito è emerso che tra il 2011 e il 2015, Salihi aveva usato sette nomi falsi per chiedere asilo in Germania, ma anche in Austria, Italia, Romania, Svezia e Svizzera. Il giovane era anche stato accusato in diversi paesi di una lunga lista di crimini, tra cui lesioni corporali, rapine e violazione della legge sulle armi.
Nel febbraio 2014, ad esempio, Salihi, fu arrestato per molestie sessuali ai danni di donne in una discoteca di Colonia. Quello stesso mese, egli aggredì un uomo senza fissa dimora, un passante scelto a caso e tentò di strangolare un altro migrante ospite del suo stesso centro di accoglienza. La polizia poi rintracciò il suo cellulare al centro di Colonia la sera del 31 dicembre 2015, quando centinaia di donne tedesche furono vittime di aggressioni a sfondo sessuale commesse da gruppi di migranti musulmani.
Il 7 gennaio 2016, Salihi prese d’assalto una stazione di polizia nel 18° arrondissement di Parigi, al grido di “Allahu Akbar”. Aveva in mano una mannaia, una bandiera dello Stato islamico e indossava quella che sembrava essere una cintura esplosiva. La polizia aprì il fuoco e lo uccise.
Un ex coinquilino ha descritto Salihi così: “Era molto aggressivo, soprattutto quando si parlava di religione. Per lui, tutti i miscredenti non valevano nulla e dovevano morire”.
Salihi non è stato un caso isolato. Secondo Report München, nei primi mesi del 2015 le agenzie di intelligence americane avvisarono le autorità tedesche del fatto che i jihadisti dello Stato islamico spacciandosi per migranti si stavano dirigendo nell’Europa meridionale con l’obiettivo di raggiungere la Germania.
Questi moniti però furono ignorati e nell’estate del 2015 le autorità tedesche consentirono a centinaia di migliaia di migranti, molti privi di documentazione idonea, di entrare nel paese senza un controllo di sicurezza.
A quel tempo, autorevoli esperti di sicurezza tedeschi ribadirono che l’Isis non avrebbe inviato jihadisti in Europa. Nell’ottobre 2015, ad esempio, il capo della polizia criminale federale (Bundeskriminalamt, BKA), Holger Münch, disse: “Non abbiamo registrato un solo caso che confermi che membri di un gruppo terroristico della Siria o dell’Iraq siano giunti qui in Germania appositamente per compiere attacchi”.
E aggiunse: “Se si guardano i rischi che si corrono per raggiungere la Germania attraverso il Mar Mediterraneo, credo che ci siano modi più semplici per arrivare qui se si intende farlo e non occorre un flusso di profughi”.
Il capo del Servizio federale di intelligence (Bundesnachrichtendienst), Gerhard Schindler, affermò: “È improbabile che i terroristi useranno la pericolosa rotta marittima nel Mediterraneo per arrivare in Europa”.
Il politologo tedesco Peter Neumann, direttore dell’International Centre for the Study of Radicalisation and Political Violence al King’s College di Londra, disse:
“Non c’è uno straccio di prova, non esiste una prova evidente che un simpatizzante dello Stato islamico sia entrato di nascosto in Europa. Inoltre, non c’è alcuna prova che questa sia una strategia attiva dello Stato islamico. È importante che i politici non esprimano le loro opinioni e rafforzino i timori dell’opinione pubblica”.
Anche Neumann sottolineò che:
“Nelle ultime settimane, sono stati diffusi dei video dello Stato islamico in cui è stato chiaramente indicato che i sostenitori dell’Isis dovrebbero rimanere nello Stato islamico e non dovrebbero cercare di emigrare e che questa strategia di infiltrazione attiva, di cui si è talvolta parlato, è inesistente”.
Meno di un mese dopo, il 13 novembre 2015, i jihadisti dello Stato islamico, la maggioranza dei quali è entrata in Europa spacciandosi per migranti, perpetrarono la serie di attentati coordinati di Parigi in cui persero la vita 137 persone e quasi 400 rimasero ferite.
Il 19 luglio 2016, un richiedente asilo afgano di 17 anni ha gravemente ferito cinque persone su un treno in Germania, al grido di “Allahu Akbar”. Nella foto a sinistra, il giovane appare in un video dello Stato islamico mentre dice: “In nome di Allah, sono un soldato del Califfato e compirò un’operazione di martirio in Germania. Vi sgozzerò nelle vostre case e nelle vostre strade”. Nella foto a destra: il corpo dell’aggressore viene rimosso dal luogo in cui i poliziotti gli hanno sparato dopo che il giovane li aveva minacciati con l’ascia.
Nel 2016, si è cominciato a mettere a fuoco la reale portata del problema dei jihadisti che arrivano in Germania sotto le mentite spoglie di migranti:
4 febbraio. La polizia tedesca ha arrestato quattro membri di una cellula che stava presumibilmente pianificando degli attacchi jihadisti a Berlino. Il leader del gruppo – un algerino di 35 anni che abitava in un centro di accoglienza per rifugiati ad Attendorn con la moglie e due figli – si spacciava per un richiedente asilo siriano. L’uomo avrebbe ricevuto un addestramento militare da parte dello Stato islamico.
5 febbraio. Il capo dell’intelligence interna tedesca (BfV), Hans-Georg Maassen, ha rivelato che più di cento combattenti dell’Isis potrebbero vivere in Germania come rifugiati, alcuni dei quali risultano essere entrati nel paese con passaporti falsi o rubati.
8 febbraio. La polizia tedesca ha arrestato un presunto comandante dello Stato islamico, che viveva in una struttura di accoglienza per rifugiati a Sankt Johann. Il jihadista 32enne, spacciandosi per richiedente asilo siriano, è entrato in Germania nell’ottobre 2015.
29 febbraio. Le autorità tedesche hanno ammesso di aver preso le tracce di circa 130.000 migranti entrati nel paese nel 2015. La rivelazione ha destato la preoccupazione che tra i migranti irreperibili ci possano essere jihadisti che sono entrati in Germania fingendosi rifugiati.
2 giugno. La polizia tedesca ha arrestato tre presunti membri dello Stato islamico provenienti dalla Siria con l’accusa di preparare un attacco a Düsseldorf.
3 giugno. Il capo del sindacato della polizia tedesca, Rainer Wendt, ha detto che i tagli di bilancio nel settore pubblico hanno reso impossibile effettuare controlli sui migranti che arrivano in Germania. Wendt ha risposto così alle richieste che tutti i migranti vengano sottoposti a controlli di sicurezza immediati.
19 luglio. Un richiedente asilo afgano di 17 anni brandendo un’ascia e al grido di “Allahu Akbar” ha gravemente ferito cinque persone su un treno a Würzburg. L’aggressore è stato ucciso dalla polizia dopo che aveva minacciato gli agenti con l’ascia. Il ragazzo era stato collocato da un paio di settimane in una famiglia affidataria come premio per essersi “bene integrato”.
24 luglio. Mohammed Daleel, un migrante siriano di 27 anni la cui domanda di asilo era stata respinta, ha ferito 15 persone facendosi esplodere in un concerto ad Ansbach. L’attentato suicida è stato il primo in Germania ad essere stato attribuito allo Stato islamico.
25 luglio. La polizia criminale federale ha rivelato che più di 400 migranti che sono entrati in Germania come richiedenti asilo nel 2015 e 2016 risultano indagati per legami con il terrorismo islamico.
13 settembre. La polizia tedesca ha arrestato tre jihadisti siriani nello Schleswig-Holstein e in Bassa Sassonia. I procuratori hanno detto che tre di loro sono arrivati in Germania nel novembre 2015 fingendosi migranti e con l’intento di “eseguire un ordine precedentemente impartito dallo Stato islamico o in attesa di nuovi ordini”.
17 settembre. Il ministro dell’Interno bavarese Joachim Herrmann ha accusato l’Ufficio federale per le migrazioni e i rifugiati (BAMF) di non riuscire a scovare potenziali decine di migliaia di passaporti falsi. Molti migranti che sono entrati in Europa come siriani, in realtà, sono originari di altri paesi. Secondo uno studio, quasi il 40 per cento di tutti i marocchini che sono entrati in Grecia ha detto di avere cittadinanza siriana.
10 ottobre. Il BAMF ha consentito deliberatamente a più di 2.000 richiedenti asilo di entrare in Germania con passaporti falsi.
27 ottobre. I pubblici ministeri hanno accusato Shaas Al-M, un 19enne jihadista siriano, che è arrivato in Germania spacciandosi per rifugiato, di pianificare per conto dell’Isis un attentato dinamitardo contro famose attrazioni turistiche di Berlino, come la Porta di Brandeburgo e il Reichstag.
19 dicembre. Almeno 12 persone sono state uccise e decine sono rimaste ferite dopo che un camion si è schiantato contro un mercatino di Natale. L’uomo sospettato di essere l’autore dell’attacco era Anis Amri, un migrante tunisino di 23 anni che era arrivato in Germania nel luglio 2015 e aveva presentato domanda di asilo nell’aprile 2016. Anche se la richiesta di asilo di Amri era stata respinta nel giugno 2016, l’uomo non è stato espulso perché non era provvisto di un passaporto valido.
Il 5 gennaio 2017, è emerso che Amri ha utilizzato almeno 14 differenti identità, ottenendo prestazioni sociali sotto nomi diversi in diversi comuni.
Il politologo tedesco Rudolf van Hüllen ha concluso:
“Probabilmente, abbiamo dimenticato di prendere in considerazione ciò che gli avversari politici come lo Stato islamico sono capaci di fare e il loro modo di pensare. Non abbiamo cercato di capire la loro mentalità e quindi abbiamo trascurato il fatto che per lo Stato islamico sia un’opzione ovvia utilizzare le sicure rotte dei rifugiati. È una questione perfettamente logica”.
Soeren Kern è senior fellow al Gatestone Institute di New York. È anche senior fellow per la politica europea del Grupo de Estudios estratégicos/Strategic Studies Group che ha sede a Madrid. Seguitelo su Facebook e Twitter.