Arriva la liberalizzazione ma il rischio sarà una bolletta più cara
Cambia tutto per le forniture di elettricità: libero mercato e prezzi più alti per i consumi. E si rischia il caos
Angelo Allegri – Lun, 06/02/2017
La bolletta si fa sempre più complicata: l’ultima espressione da imparare è «tutela simile», il nuovo tipo di tariffa elettrica lanciata nel mese di gennaio dall’Autorità dell’energia. Una categoria inedita che si affianca a quello che in termini burocratici si chiama «servizio di maggior tutela».
Sempre da gennaio è scattata la seconda fase della riforma dei costi, che è destinata a concludersi entro il 2018 e che cambia completamente la prospettiva con cui vengono calcolati i consumi elettrici.
Due svolte che rischiano di confondere le idee, spesso non chiarissime, degli utenti ma che in realtà sono solo l’inizio. Perché la vera rivoluzione è ancora alle porte e si chiama liberalizzazione totale del mercato. L’abbattimento delle barriere altri non è che la naturale conclusione del processo avviato nel 2007. A suo tempo, con la prima apertura del settore, venne creato un regime che funziona in base a un doppio binario. Per l’elettricità (o il gas) si può decidere di accettare una delle offerte dei gruppi energetici che sgomitano per conquistare nuovi clienti, e in questo caso ci si affida al mercato libero. Oppure, se non ci si muove, si rimane sotto la protezione del cosiddetto servizio di maggior tutela: condizioni e tariffe sono dettate dall’autorità di settore che stabilisce i prezzi trimestralmente e il servizio è di solito affidato in automatico al distributore di zona (la società che possiede i contatori). In pratica si rimane sotto un succedaneo di monopolio. Da tempo, però, anche in applicazione di alcune norme europee, si è presa una direzione di marcia chiara: il simil-monopolio deve finire, tutti gli utenti dovranno navigare da soli nel mare magnum del mercato libero. Una volta presa la decisione, però, sono iniziati subito i ritardi: la fine del servizio di maggior tutela era stata prevista in un primo tempo per il luglio 2016, poi per il gennaio 2017, adesso è slittata alla fine di dicembre di quest’anno o addirittura al 30 giugno dell’anno prossimo. Il problema è che le norme sulla liberalizzazione sono inserite nel cosiddetto decreto concorrenza e i ritardi di quest’ultimo, che giace in Parlamento con alterne fortune da un paio d’anni, si sono riflessi anche sul settore elettrico. Il governo Gentiloni e in particolare il ministro dell’industria Carlo Calenda, si sono impegnati a sbloccare il provvedimento entro marzo e, anche se non è detta l’ultima parola, tutto dovrebbe rimettersi in moto.
CAMBIO DI CONTRATTO
La novità non sarà senza scossoni per i clienti delle società elettriche. Anzi. Sui circa 37 milioni di utenti italiani, circa 24 milioni, quasi il 65%, restano ancora in regime di maggior tutela. Da un giorno all’altro dovranno occuparsi di cavarsela in un mercato, che quanto a prezzi o condizioni, hanno dato quasi sempre per scontato. La speranza degli ottimisti è che, come è accaduto per i telefonini, la possibilità (e a questo punto la necessità) illimitata di scelta si traduca in un abbassamento delle tariffe. L’esperienza induce però alla cautela. Un paio d’anni fa l’Autorità per l’energia rese noti i risultati delle rilevazioni compiute sui clienti che avevano scelto il mercato libero. In media spendevano il 20% in più di quelli che erano rimasti nella maggior tutela. A prima vista un risultato sconfortante su cui pesava senza dubbio la difficoltà di muoversi tra tariffe e modulazioni di contratto complicate e poco trasparenti. Molto spesso, poi, a provocare il cambio di contratto erano offerte particolarmente allettanti, destinate, però, a finire nel tempo, sostituite nei periodi successivi da condizioni non particolarmente favorevoli se non penalizzanti.
IL RISCHIO CAOS
Più di recente la stessa Autorità è sembrata ridurre l’allarme legato ai maggiori costi per gli utenti della liberalizzazione. Spesso le offerte sono molto diverse, ha spiegato l’Autorità: quelle del mercato libero comprendono servizi che la maggior tutela non contempla, per cui bisogna evitare di paragonare le pere con le mele. Una posizione forse anche dettata dall’esigenza di non mandare messaggi in contrasto con la liberalizzazione ormai avviata. In tutti i casi sembra difficile aspettarsi risparmi particolarmente sostanziosi per l’utente medio. «Basta guardare alla struttura della bolletta per rendersene conto», spiega Roberto Meregalli, esperto di temi energetici, collaboratore del sito «Energia felice». «Il costo vero e proprio dell’energia, l’unica parte su cui è possibile una vera competizione, pesa per poco più del 30% del totale. Il resto è costituito da voci praticamente fisse».
Se dunque le attese miracolistiche sembrano infondate, il timore concreto è quello che la giungla del kilowattora diventi sempre più intricata e insidiosa. I bollettini settimanali dell’Autorità garante del mercato sono pieni di condanne di società energetiche: contratti non richiesti, fatturazioni irregolari, conguagli pretesi dopo periodi biblici. I 24 milioni di clienti destinati a liberarsi da un momento all’altro potrebbero costituire una tentazione irresistibile per chi già oggi si muove a suo agio in un’ambigua zona grigia. Anche e soprattutto pensando a questi rischi l’Autorità per l’energia ha messo a punto la già citata «Tutela simile». In pratica si tratta di una sorta di «passaggio» tra mercato libero e mercato tutelato con l’obiettivo di far abituare l’utente domestico ai meccanismi di scelta della società elettrica. Attraverso il sito portaletutelasimile.it si possono mettere a confronto una trentina di offerte. Fornitori e condizioni sono già stati sottoposti al vaglio dell’Autorità e quindi il consumatore dunque non corre rischi di fregatura. A motivarlo alla conclusione del contratto è poi l’offerta di un bonus sulle bollette, da poche decine di euro fino a 120. La Tutela simile dura 12 mesi e non è rinnovabile, al termine si potrà tornare al Servizio di maggior tutela (sempre che in quel momento ci sia ancora) o sottoscrivere un contratto di libero mercato.
LE NUOVE BOLLETTE
Oltre alla «Tutela simile» l’altra novità di gennaio è, come detto, la riforma della bolletta. Il principio fondamentale è l’abolizione della progressività della tariffa, ossia del meccanismo per cui il kilowattora costava di più all’aumentare dei consumi e i grandi consumatori in pratica «sovvenzionavano» i piccoli. I cosiddetti costi di rete (quelli cioè necessari per la trasmissione e la distruzione dell’energia e per il funzionamento del contatore) entrano poi a pieno titolo nella parte fissa della bolletta e non «pesano» più sui consumi variabili. L’obiettivo dichiarato è quello di rendere più trasparente la bolletta, proprio in vista dell’apertura del mercato. L’abolizione della progressività ha però una conseguenza intuibile: a essere premiato è chi pagava di più. Il portale Quale Energia ha fatto qualche conto e la soglia che fa da discriminante è quella dei 2.700 kilowattora l’anno. Chi consuma di più ne riceverà un guadagno, il contrario chi invece è più morigerato. E questi ultimi sono la maggioranza visto che l’82% dei 29,4 milioni di utenti domestici sono sotto i 2.700 kwh ora l’anno. In pratica dunque a pagare di più saranno 24 milioni di utenti. Quanto? Il rincaro diminuisce con l’aumento dei consumi: il residente che consuma 1.500 kwh subirà un aggravio di costi di una quarantina di euro o poco più, 22,5 l’aumento per chi ne consuma 2.200, in pratica identici (+ 90 centesimi) i costi di chi consuma 2.700 kilowattora.
I PREZZI
I prezzi rimangono comunque una nota dolente per i consumatori italiani. In base alle classifiche per il 2015 pubblicate dall’Autorità per l’energia la Penisola è il quarto Paese più caro d’Europa per le utenze domestiche a consumo intermedio (tra i 2.700 e i 5.000 kwh l’anno) e addirittura il terzo nella fascia considerata più significativa per le piccole e medie imprese (vedi anche le tabelle pubblicate in queste pagine). Non sono ancora disponibili i confronti internazionali per il 2016, anche se qualche speranza di miglioramento (e di diminuzione dei prezzi al dettaglio) c’è. Nel corso dell’anno il prezzo medio dell’energia sulla Borsa elettrica italiana (in linguaggio tecnico si chiama Pun, prezzo unico nazionale) è sceso del 18,2%, rispetto al 2015. È in assoluto il prezzo più basso da quando la Borsa è stata istituita, nel 2004. Gli unici per ora a non accorgersene sono stati i consumatori.