Pubblichiamo alcune lettere di Massimo D’Azeglio tratte dal libro di cui sopra:
A GIUSEPPE TORELLI. 89
XXXVI
PREGIATISSIMO SIGNORE 1
1860.
Ho ricevuto il suo pregiatissimo foglio in data 1° dicembre, ed annessi alcuni stampati intitolati: « Agesilao Milano non fu regicida ma tirannicida, quindi un eroe, ecc., ecc. » ai quali Ella mi chiede di procurare la pubblicità mediante i giornali.
M’avvedo che Ella ignora un fatto del quale è necessario ch’io l’informi. Nella seduta del Senato per la legge delle Annessioni io protestai contro il titolo di ricompensa nazionale dato alla pensione accordata alla famiglia d’Agesilao Milano. Dichiarai in nome della nazione – sicurissimo di non venire smentito – che questo era un insulto all’Italia, la quale respingeva una cosi ignominiosa solidarietà *(A far meglio conoscere l’ orrore profondo che l’assassinio politico destava nell’animo intemerato d’Azeglio, ho pubblicata questa lettera non diretta al Torelli. Spero mi si vorrà condonar l’eccezione, attesa la grave importanza dell’ argomento in essa trattato.)
*”Il giorno 8 dicembre 1856 il Re di Napoli mentre, rassegnava le truppe, veniva aggredito da Agesilao Milano, soldato d’un reggimento di cacciatori. Processato , giudicato e condannato a morte dal consiglio di guerra del battaglione al quale apparteneva, cinque giorni dal tentativo subiva la inflittagli pena.
Nella tornata del 16 ottobre 1860, discutendosi al Senato il progetto di legge riguardante l’ annessione allo Stato di nuove provincie italiane, M. d’Azeglio protestò con energiche parole contro il titolo di ricompensa nazionale dato dal Bertani alla pensione accordata alla famiglia d’Agesilao Milano.
Un mese fa (disse l’Azeglio) l’ Italia corse ilmaggior dei pericoli. Essa stava per scindersi in due campi.
“A fronte del gran partito dell’ indipendenza, condotto dalla Corona e dai suoi consiglieri, del quale l’Europa ammirò l’ardire temperato ed il mirabile buon senso, sorgeva la rivoluzione cosmopolita che l’Europa ha giudicata e condannata e non vuole. Le sorti comuni dipendevano da una risoluzione energica e pronta.
Questa risoluzione la prese il Ministero; e le nostre armi, dissipando l’ostacolo che loro opponevaoo i mercenari pontificj, si diressero in effetto contro la rivoluzione.
Quel partito che invoca Dio e il popolo, operando all’ombra del nome di Garibaldi, impediva ai popoli delle Due Sicilie d’esprimere i loro desiderj. Con qual diritto e in nome di qual principio ?
In nome di Dio ? No. Egli creò gli uomini liberi ed uguali fra loro. In nome del diritto pubblico antico ? No.
Era il diritto dei trattati del 1815.
In nome del nuovo diritto del suffragio universale ? No, perché toglieva ai popoli la parola. Egli usurpava il diritto comune in nome del proprio arbitrio. Basti un esempio per vedere in qual modo ne usava.
Decretava in nome della Nazione un premio all’assassinio !
Ma la Nazione s’è commossa ad un tale oltraggio; la coscienza pubblica ha respinta da sè questa vergogna”.
A GIUSEPPE TORELLI. 91
Come avevo preveduto, nessuno nel Parlamento nè fuori protestò contro le mie parole, le quali del resto non sono che la semplice espressione del comune sentire della civiltà moderna.
Com’Ella vede, mi sarebbe dunque impossibile farmi l’apostolo di una dottrina affatto opposta a quella che ho professata e che pro fesserò flnchè vivo. Debbo aggiungere che, ad ogni modo., nessun giornale vorrebbe certa mente prestarsi alla pubblicazione che Ella desidera.
Ho l’ onore di dirmi suo, ecc.
104 LETl’ERE DI M. D’AZEGLIO
XLII.
CARO TORELLI
Firenze , 16 marzo 1861
Ti ringrazio della rettificazione, e molto più dell’approvazione espressa in calde e generose parole, per il mio qualunque siasi opuscolo.
. Quanto a Firenze capitale , ti dirò che mi sentivo condotto a metterla innanzi, una volta che dichiaravo non aver pretensioni per To rino. Se non proponevo. altro , sarebbe parsa una tattica per guadagnar tempo in favor di Gianduja. Basta, bene o male, ho detta anch”io la mia : se non parlavo, scoppiavo.
Fa proprio rabbia a veder tutti colla coda fra le gambe in faccia a quattro sbraitoni , che hanno loro soli il privilegio di dire tutte e stravaganze che vogliono. La Gazzetta del Popolo, almeno, si vede che ha del sangue piemontese nelle- vene. Se la vedi , dalle una stretta di mano da parte mia.
M ,ha divertito, e più stupito, il gran rifiuto di Rattazzi , ma se lo merita per un verso. È proprio lui che se l’è messo colle sue bianche mani in pari a lui, e l’ ha creato rivale. Che se non lo faceva da sè, il Ratazzi colle forze proprie non ci arrivava davvero. Benedetto vizio :di volersi comprare tutti i baron., ecc., colle galanterie , invece di tenerli sotto col l’aiuto della maggiorità, che vivadio è abba stanza grossa.
Ma già, rè inutel , hanno un debole per il bec … f .. ..!
Tutto -questo intanto ha portato che la gente . che li circonda , ha fatto far nomine che in massa hanno fatto torto al Piemonte e Com pagnia, e nel1o spirito pubblico c’è una decisa reazione contro noi , che comincia ad esten dersi anche alla mercanzia che portiamo in torno. C’è un profondo malcontento in Roma gna, Marca , Umbria : e , quanto alla prima, s’assalta, s’assassina come prima.
Ma, Perdio ! non la capiscono a Torino che la sicurezza pubblica ci deve essere ., e non c’è ragione da addurre t.. Intanto dappertutto si comincia a dire: Si stava meglio prima! E se ci volessero, di fuori , imporre la Federazione, sarebbe certo che ora i popoli rifiuterebbero 1
Ieri c’era la festa del Re d’Italia. Girai tutta la sera. Gran lumi, ma allegria, entusiasmo, un corno! Trenta biricchini, con sette od otto più grandi, giravano con due bandiere e due torcie a vento, col solito ritornello, Venezia , Garibaldi, ecc. ecc. , ma nna voce che è una v(lce, non rispose mai !
Insomma , sarà che invecchiando s’ immin chionisce, ma a me pare che si faccia un’Italia di cartone per la figura, come al teatro , ma che la vera si disfaccia. – Che Iddio, ci aiuti, perchè ne abbiamo proprio bisogno , e ci dia un po’ più di cervello.
Sta sano, e voglimi bene.
124 LETTERE DI M.D’AZEGLIO
XLVIII.
CARO TORELLI
Firenze, 20 a prile 1861
Ti scrissi ieri, ma la tua lettera non si può lasciar senza riscontro.
A pensare con che carte in mano s’è finito a lasciarsi prendere il sopravvento da quel centauro che si chiama Mazzini-Garibaldi,- la parte del quadrupede siamo intesi a chi tocchi – quando si pensa per quante trafile di furberie s’è arrivati a questo bel risultato, non so se ad altri venga la voglia d’erigere un’ara alla Dea Furberia, ma so che a me questa voglia non viene, ed amo meglio dire il rosario alta Consolata per ottenere che mi possa consolare anche di questo.
Davvero che mi credo tutt’altro che un eroe: ma, Vivadio, quando penso che in circostanze analoghe, ma più gravi assai, ho scritto il Proclama di Moncalieri, e detto: O dente o ganascia! mi par d’essere un Orlando a petto di questi Signori. Ho aggiunto più gravi assai, perchè allora avevo la Camera, i club, l’emigrazione, tutti addosso, ed ora la Camera, il Paese, e la maggiorità del popolo, sbuffano di rabbia contro tutti quegl’imbroglioni, e il Ministero, invece d’alzare la voce e farsi accusatore, accetta d’essere accusato, e Ratazzi (Allora Presidente della Camera dei Deputati.), non ha il muso di far evacuare i Garibaldini dalle tribune! Già è d’accordo; ma e la Camera ?…
Basta, le popolazioni hanno oggi giudizio, e rimediano agli errori ed alle scioccherie dei Ministri, Senatori e Deputati, che si danno il tono di condurre il mondo. Speriamo che a forza di far la voce grossa, la voce pubblica amministri il rimedio. Io che non ho voce nè grossa nè piccola, e che non posso far nulla, mi turerei ben ben l’orecchie, e mi chiuderei volentieri in qualche buco per non vedere queste vergogne.
Seguiterò però a ripetere finchè m’esca il fiato, che le Nazioni ed i grandi Stati si fanno coi grandi uomini e non cogli imbroglioni.
Con questo sono di voi, Monsignor Nuzi, devotissimo servo.
A GIUSEPPE TORELLI.
XLIX.
CARO TORELLI ,
Firenze, 23 aprile 1861
A chi ti domanda se vengo a Torino puoi dire, che sto deliberando se devo andare a Camaldoli a farmi frate. Vedere quel pugilato parlamentare sotto il dominio dei fischi o degli applausi delle tribune; veder quel presidente che scampanella, e poi si sviene quando si tratta di dire il suo parere; vedere il Re e il Parlamento oltraggiati da Garibaldi, e che il Ministero, se Ricasoli e Cialdini non alzavan la voce, faceva la ricevuta; vedere, dico, il proprio governo, il proprio paese in quella babilonia, e mi domandano se vado a Torino, mentre tutti sanno che io non ho mezzo di agire efficacemente su nulla!
E poi, e poi !… So io , dietro le quinte, con chi s’intenda l’amico del cuore Ratazzi; con chi s’intendano gli altri dei due campi? Si ha diritto ora di non credere a nessuno, e questo è il bel frutto dell’habilité !
Dopo tutto questo abbiamo vinto, è vero, verissimo. Ma capisco che non canti vittoria che in minore anche tu. Ma cosa farci quando, come me, s’è vecchi, e senza forze? Potevo scrivere la brochure.
Dopo questo, per quanto a me, sono functus officio, e que Dieu fasse aux bons misericorde.
Tu ti sei collocato fra gli arci-buoni colla tua premura di tenermi al corrente, e te ne sono teneramente grato.
Nel mese entrante passerò di Torino, per andarmene poi sul Lago Maggiore fra gli usignuoli e i capineri.
Salutami gli amici, la Signora, e voglimi bene.
A GIUSEPPE TORELLI,
L.
Cannero, i1 giugno 1861
Ho fatta una gita a Belgirate, e per questo ho tardato a risponderti.
Non posso dirti a qual punto m’abbia scosso e addolorato il caso di Cavour, più di tutto per il bene che gli volevo.
Quanto alla questione politica credo difficile lo scorgere fin d’ora tutte le conseguenze di una tanta crisi.
Noi crediamo in Dio e nella sua provvidenza. Sappiam noi i suoi disegni, anche persuadendoci che ci voglia continuare il suo aiuto ?
Sappiam noi se il sistema aggressivo ed il suo audace rappresentante non avessero compito il loro stadio
Di queste domande ne corrono mille alla (lettera di M.A’Azeglio.-10) mente, come s’affacciano quando si trovano fatti analoghi nella Storia.
Ma è impossibile rispondervi, onde sarebbero cose vane se non servissero a calmare timori e scoramenti eccessivi. – È un gran proverbio, spesso vero:
Tutto il male non vien per nuocere , onde aspettiamo prima di giudicare, e basti il dolerci ed il sentirci un gran vuoto per lo scomparire di quell’uomo che ha fatta Lui l’Italia qualè, ed appetto al quale tutti noi non abbiam fatto si può dir nulla.
Dopo questo però si deve pensare a chi resta, e questi non son momenti da perdere nè il coraggio nè la bussola.
Il mio modo di veder le cose in genere, capirai che per questa disgrazia s’è confermato.
Sai che tutti hanno sempre detto: Siamo attaccati al filo d’una vita o due! Il Governo di Cavour era personale: aveva creato il vuoto intorno a sè, e tutto si faceva da lui solo, mediante istrumenti.
Come sai, mi veniva la chair de poule a vederlo far tanto larga parte alla rivoluzione, e per questo ti scrivevo da Pisa: ” Ma perchè con 200 mila Francesi e l’Italia che ci chiama, volere il placet di Mazzini? “.
Ma un poco mi rassicurava quel mazzo di forze che Cavour riuniva e dirigeva. Ora, per il momento, chi potrà tenersi in casa la rivoluzione come una iena addomesticata? Lui forse lo poteva; quantunque ora Mazzini e Garibaldi spingendolo, ed egli trovandosi a dar del naso in un muro di bronzo, come si concludeva ?
Ma nessuno ha ora la sua forza, bisognerà decidersi. O avere posizioni, impieghi, pensioni per tutti i Mazziniani, o porli sotto la legge comune.
Il nuovo Ministero mi piace. Mi dispiace solo sia rimasto Minghetti, che avrebbe un avvenire di rendersi utile al Paese, ma che colla sua smania d’esser ministro si demolisce. Il programma di Ricasoli mi piace, perchè non prende impegni precisi. Solamente Ricasoli agli Esteri non mi pare suo affare, e l’avrei preferito agli Interni.
Basta, nel tutt’insieme mi contento: e poi, dopo la Provvidenza, sai in chi spero di più ?.. nel Popolo! Il mio però non è quello di Mazzini, ma quello che ha fatta l’Italia dopo Villafranca fino al Tronto. Quello sì che ha dato lezioni a tutte le Cancellerie d’Europa, e quello, siine sicuro, ci salverà.
Dunque coraggio, e avanti. Concordia e tolleranza anche coi Mazziniani, ma con tutti, fuori come dentro, fermezza come d’uno scoglio di basalto, e, all’occasione, far testa se bisognasse all’Europa. Addio.
A GIUSEPPE TORELLI,
LII.
CARO TORELLI,
Cannero, 15 agosto1861.
In uno de’ tuoi colloquj colla Signora Peppina, tenendo un giornale nella destra, dovresti avere esclamato: Ma quell’Azeglio mi disi che el diventa matti ecc., ecc., ecc. Ebbene, rimetti nel fodero la tua esclamazione. Io, povero diavolo, non son mai stato così savio. Ma cosa ghe n’impodo io, se Matteucci mi scrive un gran letterone su Napoli, un denter e freura, che non concludeva niente; e se io gli rispondo quel che mi pare il nodo della questione, cioè che delle cose di Napoli dovrebbero poter decidere i Napoletani; e sé lui, non so come (che non me lo spiega troppo plausibilmente) si lascia prender la lettera; e se questa lettera si pubblica sulla Patrie*; e cosa ghe n’impodo io, ripeto, se il mio onorevole collega è un …. stavo per dirla grossa!
2 agosto 1861•
A monsieur Matteucci, Senateur, etç., etç.
Mon chèr ami,
La question de tenir ou de ne pas tenir à Naples doit,ce me semble,dépendre surtout des Napolitains; à moins que nous ne voulions, pour la commodité des circonstances, changer les principes que nous avons proclamés jusqu’ici.
Nous sommes allés en avant, en disant que les gouvernements non consentis des peuples étaient illégitimes, et avec cette maxime que je crois et croirai toujours vrai e , nous avons envoyé se faire…. bénir plusieurs souverains italiens. Leurs sujets, qui n’ont protesté en aucune façon, se sont montrés contents de notre oeuvre: et on a puvoir que, s’ils ne donnaient pas leur consentement aux gouvernements précédents, ils le donnaient a celui qui succédait. Ainsi, nos actes ont été d’accord avec nos principes, et personne na rien à dire.
A Naples, nous avons changé également le souverain pour établir un gouvernement par le suffrage universel; mais il faut, et il parait que cela ne suffit pas, soixante bataillons pour tenir le royaume, et il est notoire que brigands et non brigands seraient d’accord pour ne pas nous vouloir.
Mais, dira-t-on, et le suffrage universel ? Je ne sais rien du suffraga; maia je sais que de ce coté du Trento, il ne faut pas de bataillons, et qu’au delà il en faut. Donc il doit s’ètre commis quelque erreur; don e, il faut changer d’actes ou de principes, et trouver moyen de savoir des Napolitains,une bonne fois pour toutes, s’ils veulent de nous, oui ou non.
A celui qui voudrait appeler ou garder les Allemands en Italia, je crois que les Italiens qui n’en veulent pas ont le droit de faire la guerre. Mais aux Italiens qui, restant Italiens, ne voudraient pas s’unir à nous, nous n’avons pas le droit de donner des arquebusades au lieu de raisons; à moins que, pour en finir,nous n’adoptions le principe au nom duquel Bomba bombardait Palerme, Messine, etc….
Je sais bien qu’en général on ne pense pas ainsi; mais comme je n’entends pas renoncer au droit de raisonner, je dis ce que je pense, et je reste à Cannero.
A ce peu de mots, on pourrait faire de grands commentaires; mais intelligenti pauca; et, ensuite, à quoi bon ?
Agréez, etc., etc.
MASSIMO D’AZEGLIO.
Così appunto è andata la cosa.
Matteucci m’ha scritto lettere sopra lettere per dirmi che è disperato, ed io gli ho risposto che facesse pubblicare come stava la cosa, o stampasse la mia seconda lettera per quanto in stile al di là del familiare.
Come puoi credere, non mi sognavo di dar fuoco a questo girello: e tutto questo m’ha seccato non per conto mio, ma per conto dei Ministri che sono miei amici, e sarebbe stato un brutto tiro. Eppoi, non voglio far la figura del Bastian Contrarj, e che si possa credere che io voglia far parlare di me a tutti i costi. Come sai, non leggo giornali italiani, ma suppongo, che coronna d’j ratti..
Tu intanto, nel tuo ambiente, spiega la cosa come sta.
Del resto, in tempi di sette, a non essere di nessuna setta, e star per la verità, s’è presi a sassate da tutti. -Dilexi iustitiam et odivi iniquitatem, propterea …• invece di morire in esilio come Gregorio VII, me ne sto a Cannero.
Sto meglio io di papa Gregorio, non ti pare? Salutami la Signora, e voglimi bene.
Cannero 15 agosto
A monsieur le Directeur de la Patrie.
Monsieur,
« Confiné que je suis dans ma villa du Lac Majeur où je méne une vie trés-rétirée, j’ai pu, aujourd’hui seulement, avoir sous les yeux le numéro de la Patrie contenant une lettre tout à fait confidentielle que j’écrivais, il y a quelque temps, à M. Matteucci, en réponse à certaines observations qua l’illustre professeur, mon collégue au Sénat, m’avait communiquées, et j’y lis que cette lettre vous a été transmise par votre correspondant de Turin.
« J’ étais déjà informé de la publication dont il s’agit par un mot de M. M atteucci qui, en m’assurant du vif regret qu’il en éprouve, m’informa qu’elle a été le résultat d’une indiscrétion.
« Tout cela me serait fort indifférent pour ce qui me regarde: on sait de reste que je n’ai pas l’habitude de donner le cbange sur mes convictions ni de travestir ma pensée; mais je désire prévenir certains effets d’une publicité si complétement inattendue.
« Ancien ami de M.Ricasoli et de plusieurs de ses collègues, j’au rais cru,dans un moment si difficile, manquer à l’amitié comme aux convenances, si je m’étais permis, sans du moins prévenir qui de droit, une publication de la nature de celle dont il s’agit.
Je me serais cru d’autant plus blamable que, sans pouvoir ni vouloir désavouer (je le ferais pour la première fois) ce qui est ma pensée, je suis certes bien loin d’avoir la prétention, aujourdhui non plus que jamais , de me croire infaillible. Vieux soldat de l’indépendance et de l’honneur de mon pays, je désire au contraire plus que personne avoir émis, dans la circonstance présente, un jugement peu fondé, et recevoir des événements un complet démenti.
« Voilà ce qu’il m’importait de faire savoir; et puisqu’il semble, en effet, dans tout ceci, y avoir eu abus,j’ai une trop haute idée de vos sentiments de délicatesse, pour invoquer auprès de vous un autre juge que vous-méme.
« Agréez, Monsieur le Directeur, l’assurance du ma considération très-distinguée.
« MASSIMO D’AZEGLIO.»
o,g,112od byGoogle