Il monumento al Guerriero Sannita
26 ottobre 1991
“PONTELANDOLFO CELEBRA IL POPOLO DEL SANNIO ANTICO”
Signori,
ci sono delle cose che anche in un convegno come questo vanno dette subito anche perché consentono di fissare il giusto itinerario al tema da svolgere.
Inizio, allora, dicendovi che suggestionato dalle parole di presentazione della prof.ssa D’HENRY al catalogo SAMNIUM – Archeologia del Molise, diedi subito concretezza all’idea di organizzare questa conferenza.
A telefono dissi alla dr.ssa D’HENRY che la invitavo a Pontelandolfo anche se mi mancavano i titoli e ruolo per farlo.
Oggi credo di dovermi correggere e di dire dinanzi a voi che forse qualche titolo potevo vantarlo: quello della sensibilità, del brivido, della commozione che mutarono una giornata di gita, in autentico pellegrinaggio quando mi trovai dinanzi al teatro Sannitico, ai resti del tempio Sacro di Pietrabbondante, sentinelle solitarie e silenti nella immensità di un altopiano, che si estende a perdita d’occhio.
Dinanzi a quelle pietre sacre, a quelle forti testimonianze, colsi il valore dell’infinito, compresi la religiosità e la grandezza di un popolo che ancora a distanza di millenni sa indicarci gli itinerari dello spirito, i valori dell’assoluto e dunque, dell’irrinunciabile.
Avvertii un forte legame emotivo mentre mi pervadeva un senso mistico come di languida malinconia.
Mi accompagnò la stessa sensazione che si ha in una cattedrale, la sensazione del passato e della resurrezione della storia.Da quel giorno si fece sbiadito l’episodio che in terza elementare aveva colpito più di tutte la mia fantasia: parlo delle Forche Caudine e del giogo inflitto ai Romani, perché da quel giorno cominciò la rincorsa, la ricerca che potesse dirmi qualche parola in più suì Sanniti.
Le poche cose che dirò allora, saranno frutto di grande rispetto e di totale adesione sopratutto ai sentimenti anche se rispecchieranno il sedimentato di quella rincorsa e dì quella ricerca.
Parlerò dei Sanniti con la consapevolezza che le isole non sono continenti, né i fiumi oceani ma che neanche possiamo continuare a vedere il popolo dei nostri avi con la lente del cannocchiale rovesciato, che tutto rimpicciolisce ed allontana.
Dovrò rispondere, alla domanda, perché le forze politiche ed amministrative, la municipalità di Pontelandolfo hanno voluto questa manifestazione.
Per trionfalismo provincialistico?
Per orgoglio smisurato e strapaesano?
Le ragioni di questa celebrazione sono davvero di natura completamente opposta.
Abbiamo inteso concorrere, con spirito di autentica umiltà ma anche di significativa consapevolezza a contrastare il fenomeno della morte lenta che pare si accompagni al destino delle nostre terre.
Il Sannio non deve scomparire dalla mappa geo-politica per sopravvivere solo come sito archeologico, o come elemento di memoria storica.
Questo é compito nostro.
Questo impegno spetta a noi, a noi delle comunità minori che abbiamo come caratteristiche fondamentali la longevità e la persistenza nella storia.
Sono i piccoli paesi come Pontelandolfo, pur lontani dai grandi centri di civiltà, remoti rispetto alle grandi linee dello sviluppo, che hanno dimostrato forti ed integre capacità per mantenere intatte per millenni le loro identità geo-culturali.
Basterà al riguardo, osservare che pochi insediamenti sono stati soggetti a tanti pericoli e disastri come questi piccoli paesi: guerre, terremoti, pestilenze, vulnerabilissime condizioni idro-geologiche rappresentano l’esperienza continua cui queste comunità hanno avuto la forza di resistere e sopravvivere.
Partendo da esperienze, a volte allucinanti, hanno saputo proporsi come soggetti capaci di un recupero del proprio patrimonio storico e culturale.
E rovesciando quelle esperienze,i nostri paesi si sono inventati, giorno dopo giorno, un ruolo ed un futuro.
Nutriamo ancora speranze nella possibilità dì una redenzione sociale ed economica, nonostante tutto e nonostante secoli di abbandono, di dimenticanza, di disgregazione.
Sappiamo che le comunità minori del Mezzogiorno rappresentano una delle “invenzioni culturali” più affascinanti della storia mediterranea.
Sappiamo che il nostro “paese”, la struttura del nostro paese non ha niente da invidiare alla polis greca, al Comune Medioevale, al Comune centro settentrionale di oggi.
Abbiamo le nostre peculiarità di tradizione, di solidarietà, di lavoro e siamo determinati a difenderle.
Sappiamo che la crisi del paese e sopratutto crisi socio-culturale e su questa linea vogliamo combattere la difficile battaglia per disperdere i fantasmi e vincere la crisi.
Ecco perché Pontelandolfo e la sua giornata celebrativa del Popolo del Sannio Antico.
Evidentemente, questa sola motivazione, di tipo sociologico, patrimonio del resto di tantissime altre comunità di queste aree del Mezzogiorno, non poteva e può bastare.
Il popolo del Sannio Antico, é popolo montanaro, viveva la regione del Massiccio del Matese che ne costituiva il cuore più vero.
Il Matese, questo grande suggestivo bastione naturale che domina l’alta valle del fiume Volturno separandola dalle più strette valli del Tammaro e dell’Alente, vale a dire del nostro territorio.
La montagna del Matese, “una terra rude” che nutriva uomini rudi che con i suoi burroni, clivi e vallate non sempre produceva a sufficienza e costringeva i suoi abitanti a sconfinamenti, ad aggressioni.
La montagna del Matese, l’ultimo eroico rifugio del popolo Sannita, che con i suoi sentieri, poco più che burroni cosparsi di rocce, dava anche vita ad un sistema di comunicazione, primitivo ma complesso e dava unità alla lega Sannitica, congiungendo la terra dei Cereceni e dei Pentri alla terra dei Caudini e degli Irpini.
Tutto l’ambito territoriale che comprende anche la terra di Pontelandolfo é quasi a cerniera tra il Sannio Settentrionale e quello Occidentale e Meridionale.
La mia passione, la mia immaginazione fa di queste propagini matesine la porta che chiude alla realtà campana e beneventana e apre alla valle denominata da Bovianum la capitale dei Pentri, la nostra capitale antica.
E mi fanno considerare, addirittura vedere, in un plastico non troppo fantastico, la superstrada CAMPOBASSO-BENEVENTO, la Fondo Valle del Tammaro, come la moderna interpretazione di un’altra strada quella che sembra attraversasse l’intero Sannio Antico, e che partendo dalla regione più a Nord, attraversava il Sangro e per la gola di Rionero raggiungeva Bovianum e poi Beneventum.
Ecco perché mi pare di essere nel vero, dicendo che la nostra strada, la Fondo Valle del Tammaro, può a ben ragione essere considerata un segmento importantissimo della linea dorsale dalla Antica Nazione Sannita.
E vorrei che lungo questa dorsale si concretizzasse una iniziativa per ricordare significativamente il Popolo del Sannio Antico. Lungo il tracciato della Fondo Valle del Tammaro, nell’area che opportunamente sarà oggetto di scelta da parte di Artisti,Ambientalisti, Storici, comunque in maniera del tutto aliena dalle ragioni del campanile e dello strapaese, proponiamo che si eriga un monumento per il popolo del Sannio Antico ed il suo territorio.
La nostra terra innalza verso il cielo monumenti ed archi innegianti a Roma.
E’ la storia dei vincitori e la sua logica e la sua verità che li hanno voluti.
Il coraggio costante, la instancabile volontà di libertà, la capacità di resistenza e, per ì Pentri, la loro mai vinta indipendenza meriterebbero molto ma molto di più di un monumento.
Dobbiamo mobilitarci, come popolazioni, come classi dirigenti, ritrovarci nella più esaltante delle cordate e renderci proponenti, progettisti e realizzatori di un duraturo, palpitante, signifìcativo momento celebrativo.
Non é più tempo per la retorica e la ritualità fine a se stesse.
Saremo soltanto gli uomini della utopia quando accertassimo la incapacità a costruire nonostante progetti ideali di alto profilo, e dovessimo denunziare la mancanza della forza della realizzazione politico-pratica.
E chiudo ricordando Tito Livio che così volle elogiare i
nostri Avi:
“Non fuggivano la guerra, ed erano così lontani dallo stancarsi di una difesa anche senza successo della loro libertà, che preferivano subire la sconfitta piuttosto che non tentare con ogni mezzo la vittoria”.
Così, signori, il mio povero cuore ha saputo disegnare la grandezza del popolo dei nostri Avi, il popolo del Sannio Antico.
GIUSEPPE PERUGINI
PROF. GIOVANNI MANCINI
Docente “Tecniche della Scultura” Accademia di Belle Arti di Frosinone
RELAZIONE PER IL MONUMENTO AL POPOLO SANNITA
Comune di Pontelandolfo (BN)
Ho accettato di elaborare delle idee per l’eventuale realizzazione di un’opera-monumento a ricordo del “Sannio Pentro” per il forte legame che mi pervade con gli antichi Sanniti e la sensazionale storia del loro passato.
L’incredibile voglia di riscossa di questo popolo, di cui faccio parte mi ha spinto a dire si.
Partendo dall’immagine di un guerriero (Sannita), una sorta di Colosso di Rodi da collocare lungo la superstrada Campobasso-Benevento (la Fondo Valle del Tammaro) pressappoco all’inizio dell’omonima terra del “Sannio Antico” la ricerca é proseguita fino a quest’ultima proposta. Più vicino, alle mie ultime espressioni scultoree, il monumento al Popolo Sannita, che il Comune di Pontelandolfo intende realizzare, affidato ad una scheggia.
Perchè una scheggia?
E’ simbolo di guerra, di distruzione e di morte. Tuttavia incapace negarci il futuro che ora viviamo.
Recuperata quasi con una tecnica di tipo archeologico, proponiamo questa testimonianza come simbolo di tantissimi pericoli o disastri. La scultura, ossia l’oggetto d’arte, per essere tale, deve avere una funzione pedagogica per l’inesauribile fonte d’insegnamento per l’uomo. Una scultura di tal genere deve essere contributo di civiltà, di ricordi, di gioia e. di dolore, monito per noi tutti; il Sannio con le sue genti ha avuto il “coraggio costante, la instancabile volontà di libertà, la capacità di resistenza e la mai vinta indipendenza…”
La monolitica scheggia sarà realizzata in bronzo e collocata su un grande masso tipico dei nostri profili montuosi.
Le dimensioni dell’opera si svilupperano in circa mt.10,00 di altezza escluso il basamento in pietra.
PONTELANDOLFO-Un prezioso monumento inaugurato con una cerimonia tenutasi “non casualmente”il 26 ottobre.
Una—Scheggia di guerra e di pace(da “MESSAGGIO d’oggi” del novembre 1997)
Una stele monumentale. Una scheggia pesantissima. Quasi minacciosa. Sembra nascere anzi schizzar via dalla terra. Epperò si staglia nitidissima per il cielo. Sovrasta scurissima eppure luminosa lungo la Fondo Valle Tammaro. Una delle tante superstrade che Le Goff, insigne medievista, definisce magistralmente le moderne mura medioevali ma in negativo.
In questo sito discosto dalla strada quasi appartato e quasi intriso di una religiosità davvero un po’ speciale, è la scheggia ad avere imprestato al sito un che di mistico o è il sito ad avere contagiato la scheggia?, le montagne perdono la dolcezza delle curve della Dormiente. Per acquistare una fisionomia più aspra. Quivi la Dormiente languida cede il passo alla geografia asperrima del Matese.
Storia e geografia antichissime VetusTà e venustà.Il sito è antichissimo e splendido. E porta seco la eco della splendida pagina storica scritta dai “Samnites”. Fieri Sanniti, duri Sanniti, aspri Sanniti, Che osarono mettere in ginocchio i giganti Romani.
La eco della loro civiltà. E della loro dura pagina di storia. E della loro proverbiale fierezza. Fino ad unirsi in una storica Lega, una vera e propria coalizione antiromana. Ante Christum Natum. Fino a far versare lacrime sangue ai Romani. Lungo lo snodarsi di tre estenuanti guerre sannitiche. Fino ad attirarli, essi Romani già giganti della guerra e della storia, nelle gole di Caudium presso Maleventum. E lì li strangolarono. ” Sub iugum”. Sotto il giogo delle lance sannite i due consoli romani dovettero capitolare e subire la estrema umiliazione delle forche caudine.
L’episodio affascina l’allora allievo delle classi elementari.
Il Sindaco di Pontelandolfo Giuseppe Perugini lo ricorda nel proprio intervento alla celebrazione del Sannio antico.
Da allora il sindaco Perugini non ha mai smesso di cercare nella storia del Sanniti. Dall’anno 1991, anno di celebrazione del Sannio antico, Perugini annota che nella nostra geografia si registra la completa assenza di un qualsivoglia segno che riporti alle nostre splendidi radici. Una presenza forte. Della forte ” gens sannita”.
Questa volta pervicacemente sannita prima che pontelandolfese cultore dell’húmus di queste civiltà, il sindaco di Pontelandolfo fantastica ma poi attua il proposito di un monumento del Sannio antico nel suo proprio territorio.
Nel giorno delle esilaranti votazioni della Lega in terra padana, in barba all’Arlecchino brianzolo, così Bocca definisce allegramente Bossi, ignorante della storia della geografia e della autentica dietrologia della Lega di Pontida.I Sanniti propongono in maniera vistosa e in ossequio alla storia le radici della propria civiltà.Gli avvenimenti storici.Le guerre.Le sconfitte.La loro vera storica Lega.La loro sempiterna indipendenza.Proponendo imponendo catturando l’attenzione della folla inaugurale e non,sulla stele monumentale.E sulla di lei significazione.
Il sindaco Perugini ne narra:” Il giorno 26 ottobre 1997 è scelto non a caso. Contro quanto avviene oggi in Padania. E contro la dietrologia di quella Lega inventata per gioco. Contro la falsa interpretazione di Bossi del concetto di Lega. Laddove Bossi ha dovuto inventarsi una origine celtica e un dio Po pressoché inesistenti. Noi abbiamo voluto contrapporre e ricordare la storia.La nostra vera storia.La nostra vera Lega.La Lega Sannitica.
Ma nella storia di questa celebrazione dei Sanniti dovremmo annoverare gli episodi tutti di tutte le epoche storiche. Dal primo secolo ante Christum natum alla unità d’Italia,non ultimo nell’anno di grazia 1861 Pontelandolfo viene messa a ferro e fuoco in una lotta tra i briganti e le truppe piemontesi,tra le altre vittime una giovanissima fanciulla che lega il suo nome ad uno degli episodi piu’ truculenti della storia d’italia.Ultimo episodio l’invasione delle truppe tedesche e la resistenza sannita”.
Forse da un mostruoso ordigno di guerra si sgancia una scheggia.Ritrovata dall’artista Giovanni Mancini sannita insigne,nelle campagne tra pontelandolfo e Guardia.Viene scelta dallo scultore a significazione di tutta la storia della gens sannita. Dalle Forche Caudine alle truppe tedesche naziste. Un ” continuum” storico senza interruzione alcuna.
Perchè una scheggia? Precisa lo scultore. “E’ vero. Essa è simbolo di guerra. Di distruzione. Di morte. Purtuttavia essa, precisa l’autore, è foriera di un futuro che ora viviamo. Recuperata con una tecnica di tipo archeologico, viene proposta quale testimonianza, come simbolo, di tanti pericoli e disastri. La scultura peraltro, vale a dire l’oggetto d’arte, per essere tale, deve avere una funzione pedagogica per l’inesauribile fonte di insegnamento per l’uomo.
Il Sannio con le sue genti ha avuto il coraggio costante, continua l’autore Mancini, la instancabile volontà di libertà, la capacità di resistenza, e la mai vinta indipendenza”.
La storia confina e sconfina nella geografia? E anche con un pizzico di fantasia? E con un bel po’ di amor di campanile? Ancora ne narra il sindaco Perugini”Mi è piaciuto immaginare che l’ambito territoriale che comprende la terra di Pontelandolfo è quasi a cerniera tra il Sannio settentrionale e quello meridionale. La mia immaginazione fa di queste propaggini matesine la porta che chiude alle realtà campana e beneventana e apre alla valle denominata da Bovianum, la nostra capitale antica. E mi fa considerare la Fondo Valle Tammaro come la moderna interpretazione di un’altra strada che attraversa l’intero Sannium antico”
La stele che disvela un autentico imprimatur di genialità si erge proprio qui. A testimonianza che la fantasia la immaginazione l’amor di campanile possono coniugarsi con una severissima lezione di storia di civiltà di antichissima tradizione.
A testimonianza che la geografia della Dormiente e del Matese, del paese voluto dal principe longobardo Landolfo e perciò Pontelandolfo, e dell’antica Maleventum si confondono fino a fondersi nelle antichissime comuni etnie della ” gens samnita”.
MARA DE FALCO