RICERCA EFFETTUATA SU: STORIA DELL’ITALIA ANTICA SCRITTA DA ATTO VANNUCCI. TERZA EDIZIONE ACCRESCIUTA, CORRETTA E ILLUSTRATA COI DOCUMENTI
VOLUME PRIMO.
MILANO TIPOGRAFIA EDITRICE LOMBARDA (già D. Salvi e C)
Via Larga, N. 19 -1873
da pag 255-265
Cap. IV IL SANNIO E I FORTI SANNITI.
A mezzodì dei Frentani era la regione che più propriamente appellavasi Sannio, situata nei gioghi dell’Appennino tra i monti Matese e Taburno, e confinata a ponente dai Volsci, dai Marsi, dai Peligni e dalla Campania, a mezzogiorno dalla Lucania, e dall’ Apulia a levante. Qui intorno all’aspro Matese, come già abbiamo narrato, fermò dapprima le sue sedi la colonia sabina che poscia cresciuta di gente si sparse pei luoghi all’intorno, e dette origine a tutti i popoli chiamati Sanniti o Sabelli. Sulle prime essa cinse il monte Matese di quattro forti città, che fossero come altrettante barriere ai quattro aditi opposti, cioè Boviano, Esernia, Allife e Telesia: e di là distendendosi riempì di città e di villaggi i monti e le valli vicine. Questa gente famosa che in appresso avanzò ogni altra di ricchezza e d’imperio, che poteva mettere in campo ottanta mila fanti e ottomila cavalli, che ambì al dominio d’Italia di cui le alte virtù guerriere la rendevano degna, che usciva sempre più animosa dalle sconfItte e fino all’estremo resistè eroicamente alla prepotenza romana (Sul Sannio, e sui Sanniti vedi Ciarlante, Memorie historiche del Sannio , chiamato oggi Principato Ultima, Contado di Molise e parte di Terra di Lavoro,Isernia 1644, e Campobasso 1823; Galanti, Descrizione dello Stato antico e attuale del Contado di Molise, Napoli 1781; Giustiniani, Dizionario geografico del regno di Napoli, Napoli 1797; Durini, Sulla ricchezza degli antichi popoli del Sannio Napoli 1836, in Annali Civili delle due Sicilie, vol. XI, pag. 101-109; Borsella, Sulla regione Sannitica, nel Giornale Abruzzese, Chieti 1838, maggio, pag.109, ecc.; Keppel Kraven, Excursions in the Abruzzi and northern provinces of Naples,vol 2° pag.112, london 1838), occupava quattro distretti distinti ove erano quattro tribù che,
quantunque uscite dal medesimo ceppo, ebbero nomi diversi e si chiamarono Caraceni, Pentri, Caudini ed Irpini.
SANNITI CARACENI. LiB. I.
I Caraceni o Caricini forse detti così da una loro città di Caracia o Caricia o dal monte Caracio che anche oggi rimane con questo nome non lungi dalla città
principale tennero da tramontana la parte estrema del Sannio lungo la valle bagnata dal Saro (Sangro) ove ebbero per capitale Aufidena a poca distanza dall’odierna
Alfedena. Aufidenati son detti i suoi cittadini di cui rimangono ricordi in sepolcri e in altre anticaglie, e soprattutto nelle mura di enormi massi irregolari, non tocchi dallo scalpello, e uniti insieme senza cemento, all’uso pelasgico. Dei Caraceni ricordasi anche un forte castello che credesi fosse a Castello di Sangro dove si trovarono epigrafi e ruderi antichi. In questo distretto fu posta anche una città di Aquilonia che debbe tenersi diversa da quella che in appresso vedremo appartenuta agli Irpini. Lo storico dei Longobardi ricordò pure in queste parti una città detta Sannio, affermando che da essa venne il nome a tutta la regione Sannite; città ricordata poscia anche da altri come posta poco lontana dalle fonti del Volturno (Paolo Diacono, Hist. Longob., II, 20 e Ughelli, vol. VIII, cap. 20.
Il Romanelli combattè di tutta sua forza per sostenere l’esistenza di Sannio città che egli pose a Cerro dove si trovarono marmi antichi, vasi, urne e monete, e, oltre alle autorità ricordate, citò l’iscrizione di Scipione Barbato in cui è detto: Taurasia, Cisauna , Samnio cepit: ma altri osservò che qui trattasi del Sannio regione, non di Sannio città. Vedi Henzen, in Inscriptiones latinae antiquissimae, pag. 16 e 17, Berolini 1863, e Corcia, 1 , 295).
SANNITI PENTRI BOVIANO SEPINO
I Pentri abitavano intorno al monte Matese nella parte alta del Sannio dove ebbero peR capoluogo Boviano presso le fonti del fiume Tiferno, la quale chiamarono così dal bove che secondo la tradizione antica, condusse una delle colonie popolatrici del Sannio; città grande, ricca, difesa da tre rocche, fortissima di uomini e d’armi, e in appresso celebre come ultimo asilo delia libertà dei popoli itaLIci. Nei tempi seguenti si ricordano due città di Boviano con due colonie romane ivi dedotte, la vecchia Boviano e Boviano degli Undecimani così detta dai legionarii della undecima legione ivi posti. Quali furono i siti dell’una e dell’ altra? I topografi posero quella degli Undecimani nell’odierna Boiano dove sono mura di grossi macigni, e molto antiche iscrizioni, e la vecchia alla Civita sul monte ivi presso. Ma non è possibile comprendere due città e due colonie sì prossime : e quindi altri opinò che la vecchia Boviano sia da porre lontano di qui, a Pietrabhondante presso Agnone sulla cima di un’erta montagna dove tra numero stragrande di anficaglie si trovarono molte epigrafi osche(Vedi Mommsen, Iscrizioni osche nuove e corrette in Bullettino Arch. Napoletano Anno IV, 1 settembre 1846, pag. 114-115, e Dialecte, pag. 171).
Tra Boviano e Telesia sopra un monte adiacente al Matese, presso le fonti del Tamaro stette l’antica Sepino, anch’essa popolosa, e forte di mura poligone delle quali oggi pure si vedono i ruderi sul monte vicino alla città moderna che serba l’antico nome.
Dalla parte opposta sul pendio occidentale dell’ Appennino i Pentri ebbero Esernia di cui a malgrado delle grandi calamità patite dalla natura e dagli uomini,
rimangono anche oggi ad Isernia non poche memorie nelle mura, nei frammenti delle sculture, nelle iscrizioni, nelle belle medaglie di bronzo, e in più monumenti con cui altri potè rifarne la storia. E a mezzogiorno di essa era Alife, la quale pure col medesimo nome antico iace anche oggi presso il Volturno in dolce e spaziosa pianura irrigata da acque correnti coperta di amena verdura e lieta di vigne nelle pendici d’ attorno. Fu una delle più cospicue e belle e adorne città dei Sanniti, della quale molto parlano le antiche memorie. Col ricordo dell’Anfiteatro e del Circo rimangono ivi le rovine del teatro, di grandi acquidotti e delle sontuose
Terme di Ercole. Da più testimonianze apparisce che qui nei tempi posteriori gli ameni luoghi erano pieni di ville: anche il calendario Allifano di cui resta un frammento parla di feste e spettacoli: e vedesi come i cittadini facevano onore a Bacco amico dei colli d’attorno, e andarono famosi per la grandezza dei calici usati alle
mense.
Queste erano le città principali dei Pentri, dopo le quali ebbero Sirpio a mezzodì di Sepino; Callife e Ruffrio non lungi da Allife; la ricca e forte Duronia a settentrione d’Esernia dove un ramo del Trigno si chiama ancora Durone; Trevento detta anche Terevento, Terebento, e Tervento dove oggi è Trivento lungo il Trigno sopra alto colle; Maronea posta per congettura nella montagna di Montefalcone dove restano mirabili avanzi di mura composte di grossissimi poligoni senza cemento; Tiferno sulle rive del fiume che portò il medesimo nome, e, forse ivi presso, Cimetra, e Cominio Gerito non lungi da Boviano; e Murganzia cospicua e importante fortezza posta già a Santa Maria a Morgara con documenti , di cui dubitò la critica nuova.
I Sanniti Caudini posti al di sotto dei Pentri si chiamarono cosi dalla loro città di Caudio nella stretta gola che più tardi divenne infame col nome di Forche Caudine. La città stette nel giogo dei monti, dove ora vedesi Arpaia al di sopra della quale rimane sempre un sito che chiamano Costa di Cauda.
A dodici miglia di qui era Malevento o Maloento, un’altra delle loro principali città che con nome più augurato fu detta poi Benevento: la quale stava e sta anche oggi, con molti ricordi del suo essere antico, in una valle fredda e nebbiosa al confluente del Calore e del Sabato .
Dicevasi fondata da Diomede d’Etolia il quale vi portò i denti del cinghiale Caledonio ucciso dal suo zio Meleagro: e ciò dai Beneventani credevasi tanto che
quel cinghiale posero come stemma della città, e la sua effigie in elegante bassorilievo di marmo pario si serba ancora colà nel Campanile del duomo,
e l’illustratore delle antichità beneventane non solo la riprosse nel frontespizio dell’opera, ma la usò come prova di quella fondazione antichissima ; ed io la ripeto qui come prova delle vanità e delle strane albagie dei popoli, che, anche quando non ne hanno bisogno, si ostinano a cercar fama dalle bizzarre origini e dalle stolte
credenze.
Benevento, anche senza la reliquia del cinghiale Caledonio, fu nei tempi romani una delle città più magnifiche e illustri d’Italia; decorata di splendidi templi a Giove Difensore, Vincitore e Pacifero a Giunone Regina, a Ercole, a Venere, a Diana Celeste; ebbe Anfiteatro, Foro, Basiliche, Terme, e Campidoglio in cui vedevasi la statua d’Orbilio maestro di Orazio: e anche oggi conserva l’ arco trionfale di Traiano , splendidissimo per l’opera dell’architetto e dello scultore. Le altre magnificenze beneventane perirono tutte, e ne fanno ricordo solo le epigrafi delle quali era abbondante così che un tempo le lapidi scritte si usarono a edificare le fabbriche nuove, e a lastricare le strade: uso barbarico che oggi sentiamo cessato con molto onore della città la quale religiosamente raccoglie e conserva i marmi,
le iscrizioni, e tutti i frammenti della storia e dell’arte che spesso vengono fuori da quel suolo ricchissimo di
antiche memorie.
Presso il fiume Volturno i Sanniti Caudini ebbero Calazia dalle mura di piccolo giro sul pendio di una collina in vicinanza dell’odierno Caiazzo; e non lungi da essa Compulteria, Cubulteria o Cupulteria alla destra del Volturno nel territorio di Alvignano dove ne rimangono rovine ed epigrafi.
MONTE TABURNO , E LE CITTÀ DI MELE, TELESIA, ECC.
Tra i Caudini sorgeva il grande e sommo Taburno, sassoso e fecondo di olivi il quale, dopo il Matese, ha il primo luogo tra i monti del Sannio. Vedesi oggi tra
Sant’Agata dei Goti, Montesarchio, Vitulano e Lapillosa, con larghe pianure abbondanti di pascoli nelle sue cime, e antichi sepolcri nelle sue falde, e in ogni luogo d’attorno ruderi delle vecchie dimore di cui fa ricordo la storia. A occidente di esso furono già le città di Mele, di Plistia, di Orbitanio nell’odierno castello di Ducenta, di Saticula che l’Epico romano chiamò aspra(Virgilio, Aen., VII, 729, e Servio, ivi; Rainone, Del sito dell’antica Saticola o sia dell’origine di Sant’Agata de’ Goti in Viperelli , Mem, di S. Agata dei Goti p. 61, Napoli 1845) pei suoi monti selvosi e pei rozzi costumi degli abitanti, e fmalmente Telesia di cui rimangono molte rovine ed epigrafi nelle vicinanze della moderna Telese.
Sono ricordati anche parecchi altri luoghi di cui non rimane più traccia perchè caddero rovinati e distrutti sotto il flagello di furibondi nemici. Da tutte le antiche
memorie apparisce che le città del Sannio erano molte e potenti, e grandissimo il numero dei forti abitatori di queste regioni. Dal che è facile vedere che se questi e
gli altri popoli di stirpe sannitica fossero stati concordi tra loro, Roma non avrebbe mai potuto domarli. Ma la costante unione mancava: e quindi a malgrado dell’im-
menso valore mancò la vittoria: e la patria dei piii prodi degli antichi Italiani alla fìne rimase distrutta dal furore romano in modo che, secondo il detto di Floro, invano si cercava del Sannio nel Sannio.
Al di là del monte Taburno stanziò una delle grandi colonie Sannitiche separatisi dalle altre genti della medesima stirpe. Erano gl’lrpini che, come altrove dicemmo, vennero guidati da un lupo, e si fermarono nei fertili campi bagnati dal Sabato, dal Calore e dall’ Aufido (Ofanto) tra i Picentini, i Lucani e i Dauni, nel territorio in cui presso a poco ora si comprende tutto il Principato Ulteriore; regione importante agli studi storici e alle ricerche geologiche, perchè piena di antichi ricordi, e travagliata dagli uomini e anche dal fuoco , come apparisce in più luoghi dai monti per esso sollevati, dalle acque minerali e sulfuree, e dalle spesse mofete, tra le quali è celebre quella di Amsanto ricordata altra volta(Cap.I).
Quasi nel mezzo della regione gli Irpini ebbero Eclano, la quale non sappiamo se debbasi chiamar capitale, ma è certo che fu tra le loro città più cospicue. Popolosa la mostra il lungo giro delle sue ultime mura dei tempi romani succedute a quelle più antiche di travi, per causa delle quali tornò facile a Silla di pigliarla col potente aiuto del fuoco. Presso a Mirabella in fertile e amena pianura la terra conservò parecchie reliquie dei monumenti che la fecero splendida. Ivi ruderi di un Anfiteatro, di Terme e di Acquidotti magnifici, e ricordi di statue ad uomini insigni, di nobili magistrati, di cittadini eloquenti e benefici alla patria, di gloria militare, e di cultura di lettere greche e latine: e se non è provato che Eclano desse i natali al favolista Babrio, come altri erasi proposto mostrare colle frequenti iscrizioni dei Babrii trovate tra le rovine da un elegante epitaffio latino e da un’altra iscrizione è certo che fu cittadino e magistrato celanese Pomponio Bassulo traduttore di Menandro, e autore di nuove commedie latine.
Anche dell’antica Abellino – rimangono grandi rovine di mura, di sepolcri, e di altri edifizii, e statue e rottami di colonne e di marmi e monete e iscrizioni ad Atripalda 12 miglia da Eclano, nel luogo che si chiama La Civita circa 4 miglia dalla moderna Avellino.
Sui confini meridionali della regione presso le fonti dell’ Aufido dove ora è Consa stette la irpina Compsa che pure fu nobile e popolosa città ricordata da Livio e da medaglie e iscrizioni. Aquilonia o Acudunnia come vedesi nella leggenda osca delle monete con testa di Pallade e guerriero armato di lancia e di scudo, e tenente nella destra una patera, fu a Lacedonia presso i limiti degli Irpini e dei Dauni.
Di una delle città più antiche di questa contrada detta in lingua osca Equotutico si trovano segni sui monti a sei miglia da Ariano: e a levante di essa fa il piccolo Trivico ricordato solamente da Orazio nel suo viaggio di Brindisi.
Sulla destra del fiume Calore nel colle ove sta la moderna Taurasi qualche avanzo di vecchie mura fu creduto ricordare l’antica Taurasia espugnata insieme a Cisauna da Scipione Barbato, con attorno i Campi Taurasini dove più tardi i Romani in una grande battaglia vinsero e fugarono Pirro. In queste contrade e per l’agro beneventano nel 572 furono dai Romani trasportate 47 mila famiglie di Liguri Apuani, perchè dopo una guerra durata molti anni non riuscivano a tener quieta la indomita gente nelle sue forti dimore. Questi nuovi coloni dai nomi dei consoli Cornelio e Bebio, a proposta dei quali furono a pubbliche spese qui trasferiti, si chiamarono Liguri Corneliani e Bebiani, e nelle terre loro assegnate fondarono parecchi villaggi e due luoghi o città principali, cioè Corneliano che credesi posto sulla sinistra del Calore a sei o sette miglia da Benevento, e Bebiano ora per monumenti epigrafici riconosciuto a Macchia nel comune di Circello (provincia di Molise) tra Benevento e Sepino, ove da vasti ruderi di antiche muraglie e rottami di edificii e di grandi colonne tornò alla luce l’ordine e il popolo del Bebiani con la preziosa tavola alimentaria dell’imperatore Traiano a favore dei poveri figli di essi; la quale nel 1832 con nuovi nomi di borghi e casali rivelò una nuova pagina storica, e offri largo campo agli studi e alle dispute degli archeologi (Vedi Borghesi, Tavola alimentaria Bebiana in Bull. Istit. 1835, pag. 145-152; Henzen, De tabula alimentaria Baebianorum. in Annal. Istit. 1841, pag. 5-III; Mommsen bull. Istit. 1847, pag. 3, ecc.; Garrucci, Antichità dei Liguri Bebiani. Napoli 1845; e Monumenta reipublicae Ligurum Baebianorum in Baebiani ruinis aut locis vicinis reperta Romae 1846; e Dissertaz. archeolog., II, 40-56; M. T. P. Antichità dei Liguri Beb. in Bull.Istit.1845, p. 81-99; Minervini, Tavola alimentaria dei Liguri Bebiani, in Bull.arch. Nap.. 1 Sett. 1847, p. 121-127. ).
Ricerca a cura del Prof.Renato Rinaldi