RICERCA EFFETTUATA SU “GOOGLE LIBRI” DAL LIBRO “COLPO D’OCCHIO SULLE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’AANO 1862 ” -Edizione 1863
CAP VI POLITICA E CONCLUSIONE
PAG 247 255
II. MANCANZA DI RIGUARDI DIPLOMATICI.
l. Ad ingannare la pubblica opinione, il ministero di Torino, nel mese di aprile, fa trombare da tutti i suoi giornali, il grande onore che in occasione del viaggio per Napoli del nuovo Re d’Italia, farebbero i governi di Francia e d’Inghilterrà inviando le loro flotte ad accompagnarlo colà. Ma la flotta inglese vi giunge prima del re, ed in tutto il tempo della costui dimora in Napoli, non dà segno di vita. Per la francese , con un avviso ufficiale del Moniteur vien dichiarato, che se giunse insieme con il re, fu per effetto di nebbie, di oscurità, di coincidenza casuale insomma, e non di proposito deliberato.
A parare questo scacco il ministero adopra nuova arte, e fa scrivere dal re all’imperatore de’francesi la lettera di ringraziamento, che contro ogni uso della diplomazia rende di pubblica ragione pria che giunga al suo destino.
Il Moniteur però nel riprodurla in Parigi omette il periodo (riportato dianzi, p. 228- 229 sotto l’articolo della guerra civile) che parla dell’ordine ristabilito, delle calde testimonianze d’affetto, e della unità ché riposa sopra solide basi; con che dimostra di non ammettere la verità di tali asserzioni, e rivolge quell’arte tutta a danno di chi avevala escogitata.
2. Del discredito governativo, e nel tempo stesso diplomatico, si ha una confessione esplicita nella tornata del parlamento di Torino de’24 novembre, dove il ministro Pepoli fa nuove rivelazioni circa il modo come si sono compiute le annessioni in Italia, ed in quale sfiducia finanziaria si versi:
– “Il governo del Re (egli dice) ha sussidiato l’Emilia ( Legazione di Bologna tolta allo Stato Pontificio ) , oltre al prestito, di cui facevasi mallevadore; le anticipava 4 milioni; – e senza questa anticipazione ci sarebbe stato malagevolissimo proseguire negli armamenti . .e il giorno dopo la pace di Villafranca, io medesimo ho portato a Bologna dugentomila franchi, che il ministro di Finanze del Piemonte mi aveva in quel tempo con larghezza concessi. Aggiungerò un fatto ancora. Il prestito delle Romagne incontrava grandi difficoltà, ed io non avevo trovato banchiere, che volesse assicurare questo prestito: venni a Torino, esposi le cose quali erano al re, che vedendo le angstie in cui versavamo, mi guarantiva, con atto che sommamente l’onora, per ben cinquecentomila franchi ….; ma niuno de’banchieri si dimostrò disposto a scontare questi titoli, che noi loro offrivamo …. Ecco perchè ho detto cge, senza che il sussidio del Piemonte, io non avrei potuto in nessun modo…” ————–(quì è interrotto da varie parti; ma si intende da se il rimanente concetto). Il Presidente della camera rimedia a questa confessione, asserendo che allora non erano ancora succedute le successioni, e che ” i sussidi di quel tempo non si concedevano dal re di Sardegna col carattere di Re).
Nè solo questa, ma altre più interessanti particolarità il medesimo ministro rivelava nella tornata precedente de’22novembre (atti ufficiali n.906. pag 3523).
Ad ammaestramento, ed a rettificazione della storia contemporanea, il ministro Pepoli nel parlamento di Torino nel 1862 smentisce le inesattezze del proclama reale diretto dal Re Vittorio Emanuele a’popoli dell’Italia meridionale a’9ottobre 1860 al Ancona.
Giurerà fare un confronto fra le assertive dell’uno, e le smentite dell’altro.
Parole del re Vittorio Emmanuele nel proclama de’9 ottobre 1860.
,, Dopo la pace di Villafranca, quelle provincie italiane (tra cui le Romagne) dimandarono la mia protezioue contro il minacciato ristauro degli antichi governi.
Se i fatti della Italia centrale erano la conseguenza della guerra alla quale noi avevamo invitati i popoli, se il sistema delle intervenzioni straniere doveva essere per sempre sbandito dall’Italia, io dovevo conoscere e difendere in quei popoli il diritto di legalmente e liberamente manifestare i loro voti.
„ Ritirai il mio governo, ed essi fecero un governo ordinato: ritirai le mie truppe, ed essi ordinarono forze regolari; ed a gara di concordia e di civili virtú vennero in tanta riputazione e forza che solo per violenza di armi straniere avrebbero potuto esser vinti.
„ Grazie al senno de’ popoli … la Italia crebbe nella estimazione delle genti civili, e fu manifesto all’Europa, come gli italiani siano acconci a governar se stessi…”
Parole del ministro Pepoli a’22 novembre 1862.
„… Dopo la pace di Villafranca il moto italiano si fermava, e senza la persistente volontà de’miniatri di Torino, Farini, e Ricasoli , L’UNITA’ ITALIANA AVREBBE MISERAMENTE NAUFRAGATO. Io era in que’tempi ministro degli affari esteri nelle Romagne: avevo partecipato a que’moti e cooperato per la liberazione del mio paese. Noi ci trovavamo adunque, dopo Villafranca, in dolorose condizioni: la giunta di governo in Bologna era sprovvista di denaro e senza soldati per difendere il paese: trovò forte ed efficace ajuto nel ministero di Torino presieduto da Lamarmora, di cui era parte precipua Rattazzi, i QUALI DIEDERO GAGLIARDO APPOGGIO ALLE ROMAGNE, senza del quale non di avrebbe potuto tutelare l’ordine, e tenere in rispetto i nemici (s’intendono per tali i molti che desideravano il restauro dell’antico governo Pontificio ): ora,come avremmo potuto mai difenderci da costoro, se non avessimo avuto que’potenti aiuti del ministero di Torino? stava allora uu reggimento di soldati piemontesi a nostra difesa nella Emilia in Bologna: il governo francese aveva richiesto, che queste milizie fossero subitamente ritirate, secondo i patti di Villafranca.
II ministro Rattazzi si adoperò in modo, che le milizie stesse continuarono a stanziare fra noi, e cosi riuscimmo a mantenere l’ordine. Il nostro erario era in dissesto; mancavamo di tutto: i banchieri ci rifiutavano ogni aiuto di credito e di denaro ; ma il ministero di Torino fu largo al governo provvisorio delle Romagne di que’sussidii senza i quali saremmo stati rovinati: di più il governo del re Vittorio Emmanuele garentì un cospicuo imprestito a quelle provincie ,,.
Non occorre far osservare, che de’fatti in quistione il Pepoli è assai meglio informato, e sa indicarli con precisione; d’onde i popoli dell’Italia meridionale, cui fu diretto il proclama reale anzidetto, potranno profittare per la estimazione di quant’altro ivi si contiene!
3. A 4.novembre entrano nel porto di Napoli il principe ereditario di Prussia con la consorte, ed il principe di Galles; e prima loro cura è di mandar avviso a’consoli della loro rispettiva nazione di rifiutare ogni maniera di visite, e ricevimenti ufficiali. Ricusano la ospitalità ne’reali palazzi, loro offerta in nome del prefetto generale Lamarmora. Si recano privatamente ad osservare tutte le rarità, e meraviglie di quella Capitale, e dintorni, un dì sì felice, ed ora oppressa dalla tirannide rivoluzionaria; sgradevolmente colpiti dalla necessità, in cui si trova l’autorità militare, di perlustrare con due battaglioni armati in guerra la via, che da’ reali viaggiatori deve percorrersi per salire al Vesuvio; ciò che da loro una tristissima idea della sicurezza pubblica in quelle provincie, dove i piemontesi millantano esser venuti a restaurare l’ordine morale.
Egli è perciò, che il principe di Prussia dice ad una deputazione napoletana presentataglisi in Roma. -“Sono 10 anni, che io venni a visitare Napoli: allora volli vedere il, Vesuvio. S. M. il re Ferdinando II mi diede una guida sicura, e mi fece accompagnare da due gentiluomini della, sua corte. Jeri ho desiderato rivedere il Vesuvio, ed il generale Lamarmora non ha creduto, che io potessi fare con sicurezza questa corsa senza essere ac,compagnato da due battaglioni di soldati!”.
L’augusto principe in questo viaggio evita di passare per Torino; – di transito a Milano rifiuta il pranzo offertogli dal principe ereditario del Piemonte; – e diretto per Verona, si reca a Vienna, dove è cordialmente festeggiato. – Il conte Brassier de Saint-Simon rappresentante della Prussia a Torino è richiamato dal suo posto, e tramutato, altrove, asserendo la stampa piemontese esser ciò derivato, sia per essersi mostrato troppo italianissimo; sia per aver osato di fare qualche osservazione su questo contegno del Reale viaggiatore – In rimpiazzo viene destinato il generale Wilfisen.
Sul proposito i giornali osservano « che la Prussia richiamando Brassier de Saint-Simonn, non solo ha valuta togliere a Torino un amico troppo dichiarato; ma ha voluto invece mandarvi un avversario ». Di fatto, gli stessi fogli ministeriali annunziano con rancore, che il Willisen sia quel medesùno , che nel 1849 trovavasi al campo dì Radètzky durante la battaglia di Novara, in cui fu battuto l’esercito piemontese.
Si parla anche dei richiamo di quello di Russia per lo stesso motivo che ha indotto la Prussia a richiamare il suo.
Si afferma, che il governo imperiale Francese vada ad apportare una mutazione nel personale de’Consoli della penisola italiana, sostituendovi persone, che non abbiano tendenze favorevoli al Piemonte; e sieno d’accordo pel consolidamento dei potere temporale Pontificio, e per la ristorazione de’Borboni a Napoli (Dal giornale il Diritto de’…Dicembre).
III. -CONTEGNO DE’REGII RAPPRESENTANTI DEL NUOVO REGNO ITALICO ALL’ESTERO.
1. I giornali di Turino annunziano ” che contro quel governo si mostra in modo straordinario irritata ed ostile la Prussia, per avere scoperto, che fino ad un certo punto il conte di Launay ministro italiano a Berlino segua gli esempii de’Boncompagai, de’Migliorati, ed altri agenti diplomatici, che hanno procurata la rovina de’regni dov’eraano acereditati ». -‘
Vari giornali della Prussia, e dell’Alemagna affermano che il conte de Launay , “come uno de’segreti corrispondenti della Gazzetta di Colonia, si dilettava a procurare imbarazzi al governo prussiano, censurandone gli atti, ed a morderlo in varii modi. Da ciò si teme una rottuta tra i due gabinetti”.
2. Nell’ultima rivoluzione di Grecia si riconosce da’diarii europei la sistematica ingerenza della diplomazia di Torino, attuata con i maneggi del suo ministro colà conte Mamiani.
3. La Porta Ottomana domanda il richiamo del nuovo ambasciatore italiano in Costantinopoli, marchese Camillo Caracciolo di Bella per aver parlato pubblicamente su la imminente caduta dell’impero turco.
4. Della degradazione politica del nuovo regno italiano parla il deputato Ferrari, quando nella tornata de’ 29 novembre rinfaccia al governo: . . . “Il Piemonte nel 1848 voleva l’ajuto del re di Napoli in Lombardia , nell’atto stesso in cui gli toglieva la Sicilia! Io non vi avrei trattenuto della necessità di conservare la vostra dignità, se le confidenze indecorose, e le umili preghiere non ci riconducessero allo antico dominio dei Cesari. Noi ci rivolgiamo a Napoleone III come gli antichi italiani si rivolgevano ad Arrigo VII, a Ludovico il Bavaro, ed a Carlo V.; gli chiediamo soccorso, lo diciamo liberatore; nelle stesse nostre collere gli trasmettiamo l’antico doveree il correlativo diritto di provvedere alla nostra salvezza.
Voi compromettete la idea della indipendenza del regno. E l’imperatore francese, che vi resiste, e poi cede, quasi fosse nostro re costituzionale, vi abitua a riverirlo, ad inchinarlo, e se continuate in questo modo, verrà giorno alfine , che voi avrete compromessa la vostra dignità a tal punto, che mal vi separerete dagli antichi italiani da voi derisi come Cesarei.
E la nostra diplomazia trovasi appunto in questa via; e pur troppo si inaugurava il nuovo regno con la cessione di Nizza, e Savoia.
Su l’attitudine delle Potenze estere verso il Piemonte, non si può far meglio, che trascrivere il giudizio d’una recente pubblicazione officiosa inspirata in regione eminente: – Ora il grande scopo è di consolidare l’ordine europeo, conciliando i diritti riconosciuti, con le legittime aspirazioni nazionali, e con i principii di libertà ( opuscolo Unità politica nel governo).
Generalmente adunque la politica verso il regno italiano è l’abbandono morale di tutte le Potenze. La pubblica opinione profondamente commossa ha reso giustizia alla forzata unità italica, con definirla :
-« un controsenso sotto tutti gli aspetti, al punto di vista storico, al punto di vista geografico, al punto di vista delle differenze radicali, che separano naturalmente i vari Stati autonomi della penisola, i quali richiedono ordinamenti distinti, e separati, come la esperienza di tre anni ha dimostrato. E’ oramai certo, che la unità s’infranga, perchè ogni giorno mette semprepiù in chiaro la sua intrinseca impossibilità, non meno, che i suoi esteriori pericoli. La unità italiana è adunque religiosamente impossibile; geograficamente impossibile; politicamente, tradizioualinente, storicamente impossibile : la logica comanda « di evitarla »
(L’union italienne, nuovo opuscolo francese).
CONCHIUSIONE
Nel dar termine a questa quale che siasi rassegna gioverà riportare la ipotiposi su lo stato generale d’Italia al cadere dell’anno 1862: -« Non uniti nè concordi i cittadini, ma promosse soscrizioni per premiare il fratello che ucciderà il fratello ( Circolare dell’interno 29 dicembre, accennata nel corso di questo lavoro, pag. 226. e 227); – non raggiunta la indipendenza nazionale; ma servi gli italiani di ogni potente straniero; non bene speso il pubblico denaro, nè sollevato il popolo, ma sopraccaricato d’imposte, vuoto l’erario, immensi i debiti, difficili, e sempre rovinosi i prestiti; – non favoriti gli studii, ma corrotti i cuori ed oscurate le menti con false ed empie dottrine; – non floridi i commerci, nè arricchite le città, ma frequenti i morti di fame nella stessa Torino. Tristissimo il presente, peggiore l’avvenire, incerti i nuovi possessi, perduti gli antichi! ».
“Il 1862 nacque come i due suoi predecessori dallo incesto del tradimento con la menzogna, e morì fornicando con la ipocrisia e con la rapina.
Danzò e s’inebriò su i cadaveri; insultò codardamente agli esuli; – penetrò ne’segreti della coscienza, della fede, della gratitudine, e li calpestò forsennato; a’segreti del postribolo e del lupanare educò la generazione crescente de’suoi satelliti. Popolò gli ergastoli, stipendiò carnefici, nobilitò spie, i delatori, i birri; eresse templi a bugiardi dei; – il vero tempio di Dio vero fè profanare da apostati. – Sedusse la innocenza, carpì firme ed indirizzi a’deboli ed ignoranti,
innalzò cattedre alla seduzione; il libertinaggio, e la industria meretricia fece soggetto di pubblica rendita e di favore. Per lui non vi è casa senza una vedova, non famiglia senza un orfano , non popolo senza pastore, non chiesa senza levita, non eremo senza dolori. – Spogliò i monti, distrusse i frutti de’campi, inaridi i commerci, uccise le industrie; – disse al padre di tradire il figlio; ordinò al figlio di ammanettare il padre (Vedi i bandi, le circolari, il sommario cronologico della guerra civile, pag. 128. e seguenti); i fratelli per lui denno spiare i fratelli, e le spose a’carnefici denno consegnare gli sposi. Giudici, e magistrati incontaminati gettò alla elemosina, disonorò probi impiegati, sollevò in alto una turba di protervi, di ebeti, di gozzovigliatori. – Salutiamo concordi l’aurora
del 1863, che si avanza. Salutiamolo foriero di pace al travagliato Pontefice, alla sua Chiesa, a’suoi ministri, all’orbe cattolico universo. Il diritto eterno, e la eterna giustizia trionfi su la terra. – I voti legittimi de’popoli sieno esauditi”.