Politica virulenta italiana

empatiaPolitica virulenta italiana

È tutta questione di… empatia.

Questa la notizia, alla quale non mi sembra sia stata prestata la dovuta attenzione. Per questo motivo, nei limiti della mie possibilità, la riprendo io qui.
Ci si lamenta spesso, anche da parte di tutte le provenienze partitiche e movimentistiche, della magistratura. Io non l’ho mai fatto, perché ritengo decoroso tacere, fino a quando le accuse non si definiscono sotto forma di sentenza. Ecco perché in questo caso affronto il tema, ma dal mio punto di vista.

Ho descritto con una certa chiarezza e precisione il processo mentale dell’empatia, nella prima sezione del mio ultimo libro, Diversamente uguali. Noi, gli altri, il mondo. Penso sia importante conoscere quanti tipi di atteggiamenti empatici esistono, almeno per quanto riguarda la ricerca scientifica, e come i comportamenti ad essi legati siano differenziati, proprio in nome dell’empatia di riferimento. Bene, senza voler riprendere qui questo tema, rimandando tutti voi alle appropriate letture, ciò che voglio esprimere è la mia perplessità verso questa sempre più diffusa pratica, forse di antica data nella nostra storia italiana, con la quale funzionari e governanti non manifestano nessun coinvolgimento emozionale sano verso i cittadini.

Va bene rubare, tradire, saltare da un gruppo parlamentare all’altro, comprare e farsi comprare… Oramai queste cose, tragicomicamente, non fanno notizia e non interessano più nessuno, a livello mondiale e non solo italiano. Ma lucrare sulla salute e la buona fede delle persone (abbiamo avuto illustri esempi in passato) continua ad essere per me espressione di una patologia mentale grave, da curare con determinazione. Una prima cosa da fare, in questi casi, è allontanare immediatamente la persona malata, come accade quando siamo di fronte ad un patologia infettiva, che può contagiare l’ambiente circostante e tutti coloro che lo frequentano.

Ebbene, in questo caso, dunque cosa dovremmo attenderci? Un atto di empatia, da parte di coloro che decidono se dobbiamo stare bene oppure male. Non so se questo avverrà, perché in questa nazione, oramai agli sgoccioli senza un risveglio generalizzato, sembra che tutto accada e nulla viva nella vita quotidiana delle persone. Siamo tutti, o quasi tutti, completamente anestetizzati, e forse in primis da noi stessi.

Alessandro Bertirotti

 

alessandro_bertirotti2Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura. Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Columbia, a Bogotà; vice-segretario generale dell’UNEDUCH (Universal Education Charter), ONG presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Parlamento Europeo, e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).

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