Terremotati e zombi
Dire che la nostra nazione sta vivendo nuove tragedie, e dal mio punto di vista in diversi ambiti, non è certo una novità se pensiamo a quello che si legge in questo periodo nei media.
Non faccio nessuna considerazione rispetto al terremoto che ha colpito la nostra popolazione, mentre desidero commentare, in modo molto generale, alcune considerazioni che non riporto, ma alle quali i lettori sapranno fare riferimento nel momento in cui leggeranno quello che segue.
Da molti punti di vista, la rivoluzione del ‘68 ci voleva.
Purtroppo, oggi siamo governati dai padri di quel fallimento, oppure dai figli che non sono nelle condizioni di prendere delle decisioni per il benessere degli altri, troppo legati al proprio benessere, in nome di un riscatto economico-sociale che ha permesso loro di travisare totalmente la realtà. È ovvio che mi sto riferendo alla realtà degli altri, non certamente la loro. Il loro potere, il loro modo di essere sciacalli, costantemente e continuamente durante la vita quotidiana e nei rapporti con le persone, sono particolarmente evidenti in alcuni commenti del dopo terremoto.
Io mi sono formato, scolasticamente parlando, alla luce, si fa per dire, educativa di questi sessantottini, e direi che solo ora, in età adulta, sono riuscito a prenderne le distanze anche emotivamente, comprendendo come la loro megalomania ideologica produca nelle menti delle persone la pretesa di discutere su tutto, eliminando ogni forma di tradizione.
E tutto all’insegna del concetto di libertà, perché loro stessi hanno creduto che nel mondo si potesse essere veramente liberi di scegliere, quando ben sappiamo che non si sceglie il luogo dove si nasce, non si sceglie il periodo storico, e non si scelgono nemmeno i propri genitori.
A questo tipo di cultura disturba costantemente la transitorietà umana, e quando si accorgono che la vita non dipende dal proprio volere, cominciano a sproloquiare cose incredibili su Dio, chiese, religioni e Stato.
Che dire?
In fondo, la nostra specie, con queste grandi rivoluzioni culturali sembra essere cresciuta soltanto tecnologicamente, perché cognitivamente ed esistenzialmente continuo ad avere la sensazione che siamo rimasti tutti all’età della pietra.
Certo, ci sono pietre e pietre…
Alessandro Bertirotti, antropologo della mente, è nato nel 1964. Si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È Vice Segretario Generale dell’Organizzazione Internazionale della Carta dell’Educazione CCLP Worldwide dell’UNESCO, membro del Comitato Scientifico Internazionale del CCLP e Membro della Missione Diplomatica, per l’Italia, Città del Vaticano, Repubblica di San Marino e Malta, del CCLP Worldwide presso l’Unione Europea. È docente di Psicologia Generale presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Genova. Il suo sito è www.alessandrobertirotti.it
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