Renato Rinaldi: “Per ricordare e non dimenticare”
Desidero lanciare dal sito di pontelandolfonews una iniziativa già accennata e proposta in occasione della presentazione del volume ” Pontelandolfo 14 agosto 1861 – PER RICORDARE E NON DIMENTICARE “ Ogni esercente attività di commercio dovrebbe avere un piccolo angolo con un semplice leggio per esporre una copia del volume di cui sopra, adornata con un semplice tricolore. Questo gesto assume un enorme significato in questo anno 2011 che celebra i centocinquanta anni della Unità Nazionale. Rappresenterebbe una vera manifestazione di amore per la propria terra e per i propri avi. Le nostre radici , i nostri luoghi vanno conservati e migliorati, perchè la nostra identità non può essere cancellata nei valori fondamentali che sono costati sacrifici e sangue dei nostri nonni.
Pontelandolfo: Presentato la preziosa opera “Per ricordare e non dimenticare”.
Il positivo riscontro di lettori, il grande interessamento e il consenso di studiosi e appassionati di storia risorgimentale, hanno di fatto decretato, nel breve volgere di qualche settimana dalla pubblicazione, il successo della straordinaria opera letteraria curata da Renato Rinaldi: “Per ricordare e non dimenticare”, che tratta delle sconcertanti vicissitudini post-unitarie di Pontelandolfo, fatti sanguinosi sanciti dal Consiglio Comunale alcune settimane or sono con il riconoscimento al paese dello status di “Città Martire”.
Il corposo volume, che il verbo raffinato di Gerardo Cantore lo ha etichettato, in sede della felice presentazione, come un “thesaurus di documenti coevi preziosi”, è una straordinaria creatura nata dall’incontro fatale di una madre, che è la storia dolorosa della comunità sannita nell’estate del 1861, e di un padre, che è Renato Rinaldi, il professionale, entusiasta ricercatore di vicissitudini e accadimenti appartenuti alla Pontelandolfo del tempo passato. A questi, con egual merito, va accostata la figura di chi, come dire, nelle vesti di ufficiale dello “stato civile della storia di Pontelandolfo”, ha scritto con l’inchiostro indelebile del nobile sentimento dell’amore, l’atto di nascita dell’opera nei registri imperituri del paese: il buon Bernardo Boccaccino. Un pontelandolfese autoctono, che ha palesato più volte, attraverso la concretezza dei fatti, il suo forte attaccamento al paese che ha dato i suoi natali quelli dei suo antenati. Un quadro sinergico perfetto, dunque, di componenti essenziali, che uniti in un legame indissolubile dalla magica forza del destino, hanno scolpito sulla pietra bruna del mitico torrione, testimone eterno di oltre un millennio di vita della comunità, una pagina emozionante e di rari contenuti storico-culturali.
“E’ un libro bellissimo – ha commentato Gerardo Maria Cantore, lettore accorto “malato di bibliofilia”-. Non è un prodotto letterario, ma un compendio di contributi storici: da Zazo a Gentile, da Rocco Boccaccino a Nicolina Vallillo, con una sezione storiografica ed una fotografica di notevole interesse. E’ un virage – ha proseguito ancora Cantore -, con una intonazione cromatica che ha tutto il fascino dell’epoca in cui si inserisce il libro”.
La preziosa antologia espone, tra l’altro, le sofferte vicissitudini che portarono alla “conquista della tanto auspicata unificazione nazionale”. “Quella unità che oggi mettiamo in evidenza, deve innanzitutto significarsi come unità di intenti della nostra zona – come ha saggiamente commentato Bernardo Boccaccino –, se vogliamo recuperare e riequilibrare quei sani valori di un tempo, che la modernità del terzo millennio sta inesorabilmente fagocitando”.
“I partiti dividono – ha ammonito il Sindaco Testa nel corso della presentazione del libro – la Patria unisce. Completata la fase propedeutica – ha poi proseguito – delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, che, mentre per molti è motivo di festa, per noi pontelandolfesi è un appuntamento ancor più significativo, che ci riporta con la mente all’eccidio del 14 agosto 1861. L’anno 2011 sarà un anno intenso e ricco di impegni ed iniziative rivolte, con rinnovata passione, al ristabilimento della verità storica e ad una massiccia campagna di promozione delle bellezze ambientali e monumentali, delle tradizioni e della cultura, dell’affascinante storia della nostra comunità”.
Fernando Guerrera, amministratore del Comune, docente presso la scuola media di Morcone, si è formalmente impegnato a portare all’attenzione della popolazione scolastica il volume di Renato Rinaldi, per un approfondimento veritiero sulla storia del Risorgimento italiano.
L’autore dell’opera letteraria ha riferito, infine, che l’idea di realizzare il libro “Per ricordare e non dimenticare”, è nata dai molteplici contatti ricevuti attraverso il sito Pontelandolfonews, da ogni parte d’Italia. “Addirittura – ha detto Rinaldi – molte città del Nord erano all’oscuro degli accadimenti post-risorgimentali di Pontelandolfo. Sono andato alla fonte – ha concluso Rinaldi -, attraverso la lettura di documenti e testimonianze di cronisti e storici dell’epoca, per tuffarmi e toccare con mano la storia di quel tempo, per una sua attenta rilettura oggi”.
Gabriele Palladino
“Tanta parte di storia, che ora per noi è cronaca, tanti documenti che ora per noi sono muti, saranno volta a volta percorsi da nuovi guizzi di vita e torneranno a parlare” scriveva Benedetto Croce. Forse mai parole più appropriate potrebbero essere espresse a racchiudere, in un pensiero, quel complesso di situazioni abnormi, di avvenimenti particolari, di testimonianze dirette, di relazioni sofferte, di giudizi disparati e contrastanti che si creò, già da subito, su quello che resta uno degli eventi più tragici che possano colpire una piccola comunità: l’incendio di Pontelandolfo e l’eccidio indiscriminato di cui rimase vittima la cittadinanza in quel lontano 14 agosto del 1861. L’evento, che solo il tempo e la memoria vivida degli uomini potranno e sapranno illuminare di verità e giustizia, se ancora ce ne fosse bisogno, è uno di quelli che segnano profondamente la vita, presente o futura, della gente e del luogo che ne restano vittime ed è anche uno di quelli che scuotono le coscienze di tutti, anche di quanti, venendone a conoscenza, provano a darsi una ragione dell’accaduto in considerazione che la guerra è la guerra. È vero, la guerra è guerra, anche se il termine stesso procura orrore a quanti sono costretti a farla, e di per sé essa si manifesta sempre come mischia furibonda, come conflitto disordinato, qual è il vero senso del termine franco “wërra”, ma ciò non giustifica il fatto che a subirne le conseguenze debbano essere quelli che non combattono, donne, vecchi e bambini, e che per la loro condizione soffrono e trepidano più di quanti, mariti, figli, padri, impugnano per scelta o necessità le armi.
Nel caso di Pontelandolfo, come pure di Casalduni, paese vicino che ne seguì la sorte, si trattò di violenza gratuita, di accanimento feroce, di persecuzione furibonda, che non giustificarono né potevano o potrebbero giustificare alcuna “ragione di stato”, alcuna necessità militare, se mai ce ne fosse stata una, che potesse spingere i “giustizieri” a causare solo nuovi martiri. E su di essi, come pure sul drammatico evento che li provocò, non mancarono di soffermarsi le cronache, coeve e successive, dettate quasi tutte dall’esigenza di lasciare testimonianza diretta e durevole dell’accaduto e pervase da quel diffuso senso di umana commiserazione che sgorgò anche, immediato e partecipe, nell’animo di tutti, della gente comune di città vicine e lontane, di alte personalità, di uomini di cultura, di taluni politici. Anche gli stessi protagonisti dell’eccidio, passata la sbornia di sangue, si mostrarono più disposti a considerare più obiettivamente e più umanamente l’accaduto ed a meditare sulle efferatezze perpetrate. Al momento, però, nessuno si rese o volle rendersi conto di quanto stava succedendo. Lo stesso comandante Gaetano Negri, tenente poi promosso colonnello, dopo aver seminato morte e distruzione scrisse nel suo dispaccio telegrafico: “Giustizia è fatta contro Pontelandolfo e Casalduni”. Non possiamo immaginare quale fosse il concetto di “giustizia” del comandante Negri, perché nel giudizio comune si parla di giustizia quando, dopo aver catturato il colpevole di un qualsiasi crimine e dopo averne celebrato il processo, lo si condanna alla pena meritata.
Ma per conoscere veramente cosa avvenne in quel triste giorno di agosto non si possono trascurare le tante cronache redatte sulla scorta delle testimonianze, delle relazioni, delle lettere, dei diversi scritti, immediati o successivi, dei sopravvissuti. Notevole, a tale proposito, per le testimonianze e per l’analisi delle cause della drammatica vicenda, resta lo scritto di Rocco Boccaccino che rievoca, con dolore e commozione, “i momenti ed i particolari di quelle terribili giornate” e li rende particolarmente incisivi attraverso le parole dell’onorevole Ferrari che degli eventi rese la sua relazione alla Camera (2-12-1861): “mai io potrò esprimere i sentimenti che mi invasero in presenza di quella città incendiata … vie abbandonate … le case erano vuote ed annerite … Soltanto tre case furono risparmiate per ordine superiore; soltanto tre case in una città di cinquemila abitanti! Chi può dire il dolore di quella città?”. È un interrogativo che rimbomba come un tuono nella coscienza di chiunque non sa e non può restare insensibile in presenza di uno spettacolo di morte e di desolazione.
Davvero giova ricordare per sempre, come è riportato in un punto di uno dei lavori della presente opera, “questo momento di storia del nostro Sud, che per lo scorrere degli anni comincia a sbiadirsi”, affinché esso “riviva come motivo di riflessione e di monito, soprattutto per i giovani” ma non solo per i giovani, a ravvivare ed a perpetuare la fiamma della memoria e del sentimento, l’unica in grado di illuminare l’oscuro cammino verso il futuro. In tal senso lo stimolo perviene forte dal lavoro di Nicolina Vallillo, le cui pagine, pregne di cruda cronaca, evocano immagini raccapriccianti che è impossibile dimenticare e che suscitano un’infinità di sentimenti. Quello che scrive la Vallillo è un susseguirsi di parole dolenti che sono un indubbio angoscioso atto d’accusa, appena temperato dalla speranza del cambiamento e del ritorno alla vita, su cui è senz’altro necessario soffermarsi per meditare. Le sue parole, però, devono essere lette come una continua esortazione a quanti ancora non conoscono, come i giovani, gli eventi che hanno caratterizzato o segnato positivamente e soprattutto negativamente la vita della loro comunità, affinché non trascurino lo studio consapevole di tante meditate pagine di opere storiche o di sentiti interventi rievocativi che sono sempre estremamente educative. E tra esse vanno annoverati senz’altro quell’ esempio di eccezionale sintesi e mirabile completezza che risulta essere il lavoro “Per Egildo Gentile” e gli interventi sentiti racchiusi nella parte intitolata “Giustizia per Pontelandolfo – terra di briganti”.
Non sono state pagine edificanti nella storia dell’Italia nascente quelle scritte col sangue degli sfruttati e degli oppressi a Bronte, non lo sono neppure quelle grondanti lacrime e sangue che raccontano dei fatti di Pontelandolfo e Casalduni. La cecità del Cialdini, che non seppe o non volle guardare ai veri responsabili della distruzione del drappello di soldati inviato a Pontelandolfo, contribuì a rendere tristemente famoso questo paese, insieme a Casalduni, ma non accrebbe la sua fama ed anzi l’additò come il principale responsabile delle stragi e della distruzione dei due paesi. Il suo operato, anzi, non segnò alcun punto decisivo nella lotta contro i briganti, contro i quali si rivelarono inefficienti sia la Legge Pica sia le altre misure restrittive. Inoltre per la loro scarsa oculatezza gli uomini di governo del novello Regno d’Italia non riuscirono a constatare che per eliminare il fenomeno “Brigantaggio” sarebbe bastata semplicemente la promozione di attività produttive e la costruzione delle più elementari opere pubbliche. Si sarebbero risparmiate tante stragi ed uccisioni, si sarebbero evitate tante vendette private che sono la negazione del concetto di crescita sociale e civile. Ma questa è un’altra storia, uscita sempre da tante cronache e da tanti documenti, che grida forte per farsi ascoltare.
Enrico Garofano
MIO ZIO, don ROCCO BOCCACCINO
Le ore di studio ed il tempo impiegato nella stesura del lavoro sui fatti del 1861 a Pontelandolfo io li ricordo perfettamente, perché avevo il piacere di vivere con mio zio.
Vivergli accanto ha significato ricevere da lui una grande lezione di umiltà ed una guida per un avvicinamento alla cultura come approfondimento serio e meditato di conoscenze solide ed entusiasmanti.
Modesto ed umile, si defilava quando le lodi venivano a coronare o le capacità da tutti riconosciutegli o l’attivo spirito cristiano di cui diede palesi prove a cominciare dal dopoguerra fondando un ambulatorio gratuito per l’assistenza morale e materiale dei feriti. La sua “curiositas”, nel senso etimologico della parola, quel gusto e piacere di accrescere il proprio sapere si percepiva o ascoltandolo o semplicemente standogli accanto.
Sono stata alunna al Liceo Scientifico agli inizi degli anni ’60 e la sua ora di lezione vedeva tutti interessati per il largo spettro di indagine dei suoi “excursus”: ci parlava della storia, di autori latini, di filosofia, ma era il nostro professore di Religione. Non era mai noioso, divertiva sempre tutti con la leggerezza nel trattare gli argomenti più vari; nell’aula l’attenzione era vibrante.
Aveva raggiunto la difficile vetta della semplicità.
Così, mi meravigliò non poco scoprire che un giorno lui si ritirò a casa con una cassetta degli Stormy six, ignoto complesso vocale, che immaginavo lontano dalle sue preferenze musicali e distante dai passatempi abituali, consistenti nella lettura di vari quotidiani e nello studio di problematiche legate al largo ventaglio di interessi che aveva.
Venni a scoprire poi che una canzone parlava dei fatti del 1861 e per giorni lo vidi dietro la scrivania (dove trascorreva non meno di sei ore quotidianamente) fra testi di cronaca e di storia del tempo fra cui quello di Carlo Alianello “La conquista del Sud”. Pontelandolfo (così era intitolata la canzone che carpì la sua attenzione) era il nome del suo paese natale, dal quale si era staccato a nove anni per intraprendere la strada del sacerdozio.
Al suo paese era, però, rimasto legato con la mente e col cuore e, quando poteva, vi faceva ritorno.
Cercare, nella puntualità delle descrizioni, di fissare un momento lontano nel tempo, ma che potesse dare agli abitanti una versione esatta degli eventi, era un modo per restituire dignità ad un popolo che la storia aveva sommariamente condannato.
Pur convinto, da studioso, che era impossibile ricostruire la realtà storica, si è accostato agli eventi con la passione del ricercatore, lontano da ogni remora ideologica, illuminato da una fede che non opera “distinguo” tra vincitori e vinti, col solo intento di compiere un’azione riparatrice e di vedere riabilitata la memoria della sua gente ingiustamente colpita.
Mi piace concludere con le parole della preside Bartolini Luongo, scritte all’indomani del suo ritorno alla casa del Padre. “Sapeva parlare al cuore e alla mente… Era una persona tra le più aperte, vive e vibranti che la Chiesa cattolica possa annoverare, tutta calata in un percorso di intelligenza, virtù, continua donazione di sé… e, tuttavia riservatissima, pensosa e chiusa nella meditazione dei testi sacri, nell’osservazione generosa degli uomini.
Anna Maria Boccaccino
A CASDALDUNI E PONTELANDOLFO
( 14 AGOSTO 1861 )
Scritta da Enzo Morzillo -Dedicata a Renato Rinaldi
ERA LA FESTA DELLU PATRONO
PURTAVANO O SANTO IN PRUCESSIONE
VIECCHI E CRIATURI ALLUCCAVANO O NOMME
FEMMENE SCAUZE PE VOTO A MARONNA
NA VOTA ALL’ANNO STA CELEBRAZIONE
E TUTTA LA GENTE PE DEVUZIONE
SE PORTA A SPASSO PE TUTTO O PAESE
ALLA FACCIA DO POPULO PIEMUNTESE
Ritornello : A CASALDUNI E PONTELANDOLFO
CAMPANE A FESTA E BOTTE DI ZOLFO
ALLUCCA LU CRISTO DA N’GOPP’ALLA CROCE
PO’ SANGHE CHE SCORRE SE SENTJA LA VOCE
SE SCETA A MATINA STU BELLU PAESE
SE TROVA E SURDATI PIEMUNTESI
CHE TORCE ABBRUCIAVANO TUTTE LE CASE
CURTIELLI AFFILATI E GENTA STERMINATA
FUCILI PUNTATI E CAPE TAGLIATE
FEMMENE ACCISE PO’ VIULENTATE
CRIATURI SCHIACCIATI E VIECCHI SCANNATI
PE TUTTO O PAESE LI PIEMUNTESI
Ritornello :A CASALDUNI E PONTELANDOLFO
CAMPANE A FESTA E BOTTE DI ZOLFO
ALLUCCA LU CRISTO DA N’GOPP’ALLA CROCE
PO’ SANGHE CHE SCORRE SE SENTJA LA VOCE
E QUANNO A NUTIZIA ARRIVAJE ALLI BRIGANTI
SCENNETTENO SUBBETO A N’GOPP’A MUNTAGNA
E CORZA FUJEVANO ABBASCIO ALLA SCESA
SE NE ERA FUJUTO LU PIEMUNTESE
CU E MAN’INDO SANGHE E CU O CORE SPEZZATO
VENDETTA PA’ VITA IO L’AGGIO GIURATO
CA FINO ALLA MORTE IO T’AGGIA SCUVARE
CURTIELLO ALLA GOLA IO T’AGGIA SCANNARE
Ritornello :A CASALDUNI E PONTELANDOLFO
CAMPANE A FESTA E BOTTE DI ZOLFO
ALLUCCA LU CRISTO DA N’GOPP’ALLA CROCE
PO’ SANGHE CHE SCORRE SE SENTJA LA VOCE
( Questa canzone, scritta ed arrangiata da Enzo Morzillo, e’dedicata a Renato rinaldi. Profondo sostenitore della memoria ai fatti d’arme del 14 Agosto 1861 a Pontelandolfo.
Grazie alla collaborazione con L’amico Renato, ho avuto modo di approfondire questo argomento , che tratta le gesta eroiche dei Martiri civili, caduti quel maledettissimo giorno, sotto le baionette dell’esercito Piemontese, come ritorsione ad un fatto precedentemente avvenuto, che vedeva coinvolti , Briganti , quindi soldati, contro Esercito Piemontese. Mentre L’eccidio di cui narra la canzone, vuole dare eco a tutti quei civili inermi , che si trovarono a subire la violenza spietata di soldati armati .
Tutto questo , soltanto per non dimenticare…..MAI !!!!
20 GENNAIO 2008 — ENZO MORZILLO–
Da:BENEVENTO.IT-31 gennaio 2011
Un libro “Per ricordare e non dimenticare” la nostra storia
Quando il 4 giugno dello scorso anno, dalle pagine di questo giornale, lanciammo l’appello affinché si potessero onorare i nostri avi, vittime innocenti dell’Unità d’Italia, con un libro ed un museo che ne perpetrassero la memoria, speravamo che qualcuno l’accogliesse. Ed ecco che il Presidente del Comitato pro-celebrazioni del 150°anniversario, Prof.Renato Rinaldi, si rende promotore e redattore del libro “Per ricordare e non dimenticare” edito con l’ausilio dell’Amministrazione Comunale e di un gruppo di imprenditori locali capeggiati dall’appassionato Bernardo Boccaccino dominus della Savia.
La pubblicazione è una corposa antologia di articoli e contributi letterari che riguardano i fatti d’arme dell’agosto 1861, tra i quali trovano spazio anche alcuni dei nostri modesti contributi che danno lustro e onore a questa testata, nonché una preziosa raccolta documentale, che va da quel tempo ai nostri giorni. Un vademecum al quale attingere, affidare la memoria, ma che allo stesso tempo non è un lavoro di arrivo, ma in continua evoluzione, un taccuino in progressivo ampliamento. Già perché se alcuni fatti e determinati personaggi sono noti, è anche vero che esistono ancora pagine che andrebbero approfondite. Si pensi all’archivio sconosciuto ed inedito del generale Cialdini, che giace all’Archivio storico della capitale e che non può essere consultato, in quanto a distanza di 150 anni non catalogato. Si pensi agli atti del processo al brigante cerretese Cosimo Giordano che rivelò aspetti ignoti della vicenda. Un atto dovuto per dare pace alle anime di quei corpi privati della vita in modo così disumano e ingiustificabile.
Nel mentre il nostro Presidente della Repubblica dà ufficialmente il via alle manifestazioni che porteranno al giubileo del prossimo marzo, con il ricordo della bandiera tricolore in quel di Reggio Emilia, per nostra parte, tra il verde che rappresenta le speranze unitarie dell’Ottocento, il bianco della fede cattolica, è il rosso che ricorda il sangue sparso per l’Unità che più ci appartiene, per ovvi motivi.
Ci piace concludere questo intervento auto-citando un nostro precedente intervento: ”Per i cittadini di questa terra, un po’ maledetta, ma affascinante, è un primo riconoscimento di una patria che qui si fece sulla pelle degli innocenti. I sentimenti feriti, perpetrati dagli avi, trovano solo un po’ di sollievo, rispetto a quanto si consumò in quell’infuocato agosto del 1861. In questo pugno di case che avvolgono la torre dominante, sentire che forze politiche fomentano il conflitto tra Nord e Sud, enfatizzando la secessione a danno dell’unità di patria, si resta perplessi. La radicalizzazione leghista più che offendere, paradossalmente stimola, più che alterare, diverte. Il respiro della storia è profondo e brucia ancora come allora, alimentato dall’impeto dei venti, ma nulla può allontanare i cittadini di Pontelandolfo dalla patria. E’come se quell’ingiustizia subita, avesse congiunto il cordone ombelicale,anziché tranciarlo. Proprio perché la strage costò lacrime, sangue e distruzione, nasce la pretesa intima di sentirsi italiani, per non rendere inutile quel tributo pagato. Ma allo stesso tempo Pontelandolfo reclama onore e rispetto per la sua gente e per la sua storia. Il riconoscimento del Capo dello Stato,e, magari, perché no, la richiesta di perdono degli eredi di Casa Savoia. Solo così le grida di quegli innocenti che ancora oggi sembrano riecheggiare tra le pietre del borgo antico, troveranno il meritato riposo. La storia di oggi non può essere più quella dei vincitori,ma quella vera, riannodandola dal punto in cui fu spezzata.”
Come questo libro dimostra, non vi può essere più una storia ed una contro storia, ma una storia unica e condivisa. ”Ritrovare la nostra memoria significa ripercorrere le strade della nostra vera identità, lo storicismo assoluto di Croce che ci proietta nella conoscenza dei fatti e nella preparazione dell’azione, anche se non la determina. Resta a carico dei vinti la responsabilità di non far disperdere la loro esperienza e la loro visione dei fatti,ricercando,illustrando e mettendo in ordine ed in relazione ogni documento che potesse tornare utile.”
Il nostro compito è quello di dare comprensione, ”intelligenza dell’accaduto”, perché ogni giudizio storico, citando di nuovo Croce, ”conferisce ad ogni storia il carattere della contemporaneità”, mescolata alle passioni e ai pensieri della storia che stiamo vivendo. Il giudizio morale resta nei fatti.
Nicola De Michele